Iniziare…

Iniziare. Fuori è ancora buio. Neppure le allodole osano un verso. Il corpo domina ancora tutta la scena. Il corpo, con quella sua universale ed esigente forma di governo (democratica e dispotica a un tempo) chiamata fisiologia.

Dunque, prima di ogni pensiero complesso – il corpo. Il corpo con le sue deiezioni, la fame e la sete dei repentini (imprevisti?) risvegli, gli odori sgraditi e le abluzioni, i lavaggi necessari, la dignità da indossare. Lo zaino è colmo. Già. Lo zaino è il colmo. Che stai facendo? Ecco, il pensiero s’è destato. Si cinge con l’elmo. Ti chiede il conto. Che parti a fare? Che viaggio è, questo?

Lo apprezzeranno? Lo capiranno? Gli occhi degli altri, questa condanna umana e troppo umana, sono con te pure nel buio che si dirada. Pure in un altro luogo, un vero alibi, lontano da casa. Un corteo di occhi sta fermo a scrutarti. Occhi di cui ricordi appena la faccia. Occhi di cui non sai più il nome. Occhi che ti hanno dannato. Occhi che ti hanno amato – troppo e male.

Continui a vestirti. Come uno che vada a un tipo gratuito di guerra. Devi andare perché ormai è deciso. Deriso o no, devi andare. L’impresa è iniziata e trova in se stessa la sua propria ragione. Gli altri potranno pur giudicare (tanto e male) quel che fai, stai per fare, farai. Resta il fatto che sei tu a farlo. Sei tu a fare. Dunque, che vogliono? Una linea di luce si alza, intanto, come un corpo pesante da terra.

Ora c’è tanta luce quanta ne serve per andare – per non essere visti e vedere. Per vedere chi crede di vedere.

Giovanni Bongo

fotoblog