Iniziare. Fuori è ancora buio. Neppure le allodole osano un verso. Il corpo domina ancora tutta la scena. Il corpo, con quella sua universale ed esigente forma di governo (democratica e dispotica a un tempo) chiamata fisiologia.
Dunque, prima di ogni pensiero complesso – il corpo. Il corpo con le sue deiezioni, la fame e la sete dei repentini (imprevisti?) risvegli, gli odori sgraditi e le abluzioni, i lavaggi necessari, la dignità da indossare. Lo zaino è colmo. Già. Lo zaino è il colmo. Che stai facendo? Ecco, il pensiero s’è destato. Si cinge con l’elmo. Ti chiede il conto. Che parti a fare? Che viaggio è, questo?
Lo apprezzeranno? Lo capiranno? Gli occhi degli altri, questa condanna umana e troppo umana, sono con te pure nel buio che si dirada. Pure in un altro luogo, un vero alibi, lontano da casa. Un corteo di occhi sta fermo a scrutarti. Occhi di cui ricordi appena la faccia. Occhi di cui non sai più il nome. Occhi che ti hanno dannato. Occhi che ti hanno amato – troppo e male.
Continui a vestirti. Come uno che vada a un tipo gratuito di guerra. Devi andare perché ormai è deciso. Deriso o no, devi andare. L’impresa è iniziata e trova in se stessa la sua propria ragione. Gli altri potranno pur giudicare (tanto e male) quel che fai, stai per fare, farai. Resta il fatto che sei tu a farlo. Sei tu a fare. Dunque, che vogliono? Una linea di luce si alza, intanto, come un corpo pesante da terra.
Ora c’è tanta luce quanta ne serve per andare – per non essere visti e vedere. Per vedere chi crede di vedere.
Giovanni Bongo
Iniziare. Come? Perché? Cosa? I dilemmi con cui ogni giorno la sveglia desta dal sonno. La fase iniziale di ogni giornata consiste nell’ immaginare, nell’ azzardare come potrebbe andare, cosa potrebbe accadere… riassumere, a volte, ciò che non è ancora avvenuto: perché lo si conosce già, è ovvio che vada così. E figurati se si può mutare il corso degli aventi! Iniziare può essere un’azione dettata dalla routine, dal senso del dovere, dall’ istinto di sopravvivenza. Un atto privo della personalità di chi lo compie, privo di capacità decisionale e di emozione. Si inizia per inerzia, perché non si può non iniziare, perché c’è da fare…
Eppure, so che c’è dell’ altro, lo sento che qualcosa scivola dal letto quando le coperte vengono tirare indietro, e non parlo dei calzini che immancabilmente e spontanemente si sfilano, lo vedo che nell’ essenza del caffè e nel suo gusto, si nasconde qualcosa e non mi riferisco al mistero da svelare dal fondo della tazzina, lo percepisco che nella incapacità di scendere le scale con calma, nel guardare il cielo che mi aspetta dietro al portone, nel raggiungere la stazione, nell’ attesa di un treno che tutte le mattine ho paura di perdere come ho paura di perdere tant’altro, freme un avido desiderio…
Si, v’è qualcosa di straordinario nell’ iniziare. Vi é la calma di donarsi coscientemente ad ogni nuova giornata, la pazienza di attendere, la predisposizione a riflettere, la capacità di procedere piano, senza fretta e senza voler sapere come finirà prima che inizi. Iniziare é un’arte. Occorre impararla. Iniziare é tentare senza credere di sapere come andrà. Partire, senza navigatori se non quello dei propri desideri. Riempire lo zaino del proprio passato, del proprio vissuto, del proprio vivere. Della vera ricchezza. Quella che permette di iniziare sempre ed ogni volta nuovamente e sorprendentemente. Perché ogni giornata, come la vita stessa, è bella anche per questo: non si sa mica come finirà. Iniziare é concedersi la suspence del mistero, la gioia della sorpresa, la fermezza di poter dire: ho iniziato. Ancora. E ancora.
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Per dirla con Whitman, possiamo contribuire con un verso…
Grazie.
G. B.
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