L’Orto dei contadini inesperti

Ciò che i vecchi vi dicono che voi non potete fare, fatelo: così scoprirete che invece ne siete capaci. H. D. Thoreau

Piccole querce fanno piccole ombre e un grande corbezzolo copre una compostiera. È solo un orto-giardino piccolo, soleggiato, in una terra sabbiosa e tormentata dal sole inesorabile del sud. Un orto, uno di quelli coltivati da gente che ci passa il tempo e ci pensa tutto il tempo. Fatto da chi non è nato tra i campi.

Quasi nessuno dice, ai tanti contadini “esperti” ormai piegati dal sistema dell’industria chimica, che “in Italia i tumori aumentano del 3.2 % l’anno nei primi 12 mesi di vita” anche a causa della “agricoltura” – come evidenzia l’Associazione Medici per l’Ambiente. In Italia vengono consumate impressionanti quantità di pesticidi, per l’esattezza il 30% di tutti i diserbanti, disseccanti e anticrittogamici usati in Europa.

Sono 118 i pesticidi rilevati in Italia in acque certificate come potabili.

La Politica? Se per molti politici è difficile assumere posizioni contrarie agli interessi di industrie, consorzi agrari, aziende agricole industriali e (purtroppo) alcuni sindacati degli agricoltori, è ben più complicato difendere la salute, l’ambiente e il paesaggio, così onorando il dettato degli articoli 9 e 32 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Tocca a noi. Torniamo a occuparci degli orti. L’agricoltura è stata, per millenni, una pratica culturale. Consideriamola tale. Implica scambi di conoscenze, sperimentazione di tecniche, tutela dei suoli, conservazione della biodiversità. Non può divenire, essa stessa, una dimensione dell’immenso potere dell’Industria e delle Banche sulle nostre vite.

Torniamo a fare gli orti: sui tetti, sui balconi, nelle città, nei paesi. Diffondendo una nuova agri-cultura. Non importa se non abbiamo mai tenuto in mano una zappa. Possiamo imparare.  A chi ci dice di lasciar perdere rispondiamo che la Terra è un bene comune. Faremo i nostri errori? Certo. L’esperienza è inesperienza coltivata con arte. Questo è il miglior modo per evitare disastri.

G.  B.

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Libertà di parola

Dedico poche parole ad un uomo al quale vogliono togliere la parola. Ho appena firmato per lui un appello. Lascio che le parole della moglie diventino monito per noi tutti. Per chiunque voglia dire liberamente, liberamente ascoltare, liberamente vivere.

“Care e cari membri di Avaaz,

hanno frustato mio marito pubblicamente, mani e piedi legati, il volto contorto dal dolore. Il solo ricordo è insopportabile. E non gli è bastato, ora pare che lo vogliano addirittura uccidere. Ma potete aiutarmi a salvarlo.

Mi chiamo Ensaf Haidar. L’anno scorso l’Arabia Saudita ha condannato mio marito Raif a 10 anni di prigione e 1000 frustate per aver “insultato l’Islam”. Quello che ha fatto è stato semplicemente aver espresso le sue idee sul suo blog. Raif è un uomo buono, un padre affettuoso. Ci manca, e ora io e le nostre tre bambine temiamo per la sua vita.

Ma ora la Germiania potrebbe aiutarci a liberarlo: tra 48 ore il Ministro dell’Economia sarà in Arabia: se userà la sua influenza per difendere i diritti di Raif, può convincere i leader sauditi a ripensare la pena.
Ho chiesto di persona al Ministro di aiutarci. Ma la mia voce da sola non basta. Per questo vi chiedo di aiutarmi a farlo diventare un appello mondiale per la liberazione di Raif. Unitevi a me e condividete questo appello con tutti:
https://secure.avaaz.org/it/free_raif_badawi_loc/?bPyFfcb&v=54816

Pochi anni fa Raif ha creato il blog “Liberali dell’Arabia Saudita”. Voleva scrivere di politica e religione, affrontare i problemi della società e della politica. Ma secondo il sistema giuridico saudita ha offeso l’Islam, un’accusa che prevede pene durissime. La condanna di Raif non ha colpito solo lui: la sua flagellazione pubblica è un avvertimento molto chiaro a chiunque vuole esprimere le proprie idee.

Io e Raif ci siamo conosciuti 15 anni fa. Due anni dopo ci siamo sposati, poco dopo abbiamo avuto la nostra prima bambina. Quando sono iniziati i problemi con la giustizia nel 2008, ci ha chiesto di lasciare il Paese: siamo andate in Egitto, poi in Libano e ora siamo in Canada, dove ci è stato dato asilo politico. Ma ora non sopportiamo più di essere lontane senza poter fare niente, vogliamo che Raif torni da noi!
Tante persone nel nostro Paese chiedono oggi delle riforme, e l’attenzione internazionale per l’appello per Raif sta crescendo. Il Ministro tedesco, Sigmar Gabriel, ha detto che parlerà anche di diritti umani durante la sua visita. Vi chiedo di unirvi al mio appello: abbiamo una possibilità di liberare mio marito:
https://secure.avaaz.org/it/free_raif_badawi_loc/?bPyFfcb&v=54816
Vi ringrazio infinitamente. Ensaf, insieme a tutto il team di Avaaz”.

Una firma può fermare chi tenta di violentare la libertà.
G. B.