Suolo consumato in Italia negli anni ’50 del novecento? 178 mq pro capite: si cominciò a ricostruire il Paese.
Nel 2012, 369 mq di suolo consumato a testa: l’Italia è disfatta.
Negli anni dal 2009 al 2012 sono stati consumati 720 chilometri quadrati di suolo (potenzialmente) fertile: una superficie la cui area equivale alla somma delle aree dei comuni di Napoli, Milano, Bologna, Palermo e Firenze: geometria dello strazio.
Nello stesso periodo (2009 – 2012) il consumo di terra ha inibito l’assorbimento (da parte del suolo contestualmente cementificato) di 6 milioni di tonnellate di carbonio: come se avessimo emesso in atmosfera 21 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (quella prodotta da 4 milioni di automobili).
Nel triennio in esame, inoltre, il territorio italiano ha perduto una capacità di ritenzione idrica pari a circa 270 milioni di tonnellate d’acqua: a ogni pioggia intensa avvertiamo tutti cosa questo significhi. Senza dire che nello stesso arco di tempo, sul territorio ormai disperso, non abbiamo coltivato cibo per 500.000 persone (mezzo milione di individui). I dati evocati sono ufficiali. Li ha resi noti l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Sono cifre temibili.
Il suolo è: fertilità, equilibrio idrologico, bilanciamento atmosferico, cibo; paesaggio, memoria, bellezza, qualità (totale) della nostra vita.
Cemento e asfalto stanno alterando il paesaggio nazionale, ne hanno ampiamente deteriorato la fisionomia, lo hanno parzialmente desertificato. Cemento e asfalto, febbrilmente promessi da politici sprovveduti, (se non bestialmente ignoranti, se non criminali, se non mafiosi), stanno deturpando la nostra terra, la terra dei nostri figli. Non c’è politico, o quasi, che non prometta nuove insensate opere pubbliche. Non c’è politico, o quasi, che dica chiaramente: da domani non si costruisce più nulla, non c’è più spazio per edificare.
Non possiamo più costruire. C’è già tutto. Abbiamo milioni di vani vuoti, ovvero migliaia di appartamenti sfitti e colpevolmente inutilizzati. Abbiamo alberghi con vista mare e stanze vane anche d’estate. Abbiamo strade che intersecano altre strade che intersecano nuove strade al cui termine ci sono recenti strade senza intersezione. Abbiamo porticcioli turistici e porticcioli affaristici. Abbiamo quartieri che sembrano pollai. Abbiamo quartieri fieristici fatti accanto a zone industriali completamente improduttive. Abbiamo scuole nuove ma già vecchie al taglio del nastro. Abbiamo autostrade verso il nulla. Abbiamo nuovi complessi immersi nel verde a dieci minuti dalla prima radura di periferie desolate come chi ci deve abitare.
Non possiamo più togliere altro terreno ai boschi. Sarebbe come tagliare le nostre stesse radici.
G. B.