Detenuti stranieri: tra emergenza sanitaria e bisogni educativi.

L’aumento della presenza straniera in Italia sta apportando un cambiamento radicale nella situazione penale e carceraria, come sta accadendo in tutto il resto del mondo occidentale. Si tratta di un fenomeno che sembra destinato ad aumentare. La situazione paradossale è che spesso l’immigrato, “non persona”, non esiste ai sensi dello Stato finché non finisce nelle maglie della giustizia, pertanto all’interno del carcere migliaia di persone cominciano ad esistere solo in quanto detenuti. Tuttavia quel percorso di esclusione, che li ha contraddistinti fuori, rischia fortemente di continuare all’interno delle strutture che dovrebbero riabilitarli. Il detenuto ha diritto al pari del cittadino in stato di libertà alle prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi e riabilitazione. Nella realtà la privazione di libertà impone al detenuto di dipendere, per la più piccola necessità, da chi lo tiene in custodia. Il detenuto straniero ha gli stessi diritti e doveri del detenuto italiano, ma allo stato attuale si trova discriminato nei fatti.

Nell’esplorare il binomio trattamento sanitario – trattamento educativo per i detenuti stranieri emergono grandi differenze e maggiori problematiche. Molteplici le domande che si presentano. Come avviene il rapporto tra detenuto straniero e personale sanitario? Quale può essere il ruolo del mediatore culturale nella gestione di un percorso sanitario con il detenuto immigrato? Come si manifesta la richiesta d’aiuto? E come prendere in carico la richiesta, consapevoli che essa, strumentale o meno, è sempre prodotto di uno star male, e pertanto è strumentale in quanto funziona come meccanismo di difesa per sottrarsi alla sofferenza? Altre domande emergono riguardo ad eventuali progetti di formazione e lavoro. Quali percorsi formativi professionali per detenuti stranieri ipotizzare, ideare, strutturare e proporre, se non sono garantite le condizioni igienico-sanitarie di base e se c’è confusione sul futuro del dopo pena? Se è un dato di fatto che conoscere la lingua italiana è comunque una competenza di base necessaria per la relazione umana, per la comunicazione e in genere per la vita quotidiana, oltre quella linguistica quale formazione potrebbe essere utile ad un detenuto straniero? Una generica o una specialistica? Una pensata per il reinserimento in Italia o una per altrove? Buona parte dei detenuti stranieri ignora cosa li aspetta una volta scontata la pena. Un discorso a parte meritano i bisogni educativi dei detenuti stranieri, poiché l’assunto di partenza è il seguente: se da una parte vi è la questione delle differenze da rispettare, dall’altra vi è un immensurabile groviglio di analogie, cose condivise e condivisibili, bisogni comuni, compresi quelli educativi. Non vi può essere ghettizzazione dei bisogni. Il rischio è che vi sia una peer education al negativo, in cui il detenuto straniero è educato dai suoi pari (i connazionali, gli anziani di cella). Il processo rieducativo a quali valori deve far riferimento? A quelli italiani? A quelli della cultura di appartenenza? O a valori universali nel contesto di un relativismo culturale? Solo con un passaggio da un pensiero unico e assoluto ad un pensiero mobile ed erratico si può costruire un percorso comune di risposta ai bisogni educativi, in primis sulla natura stessa della legalità e dell’etica. Il pensiero mobile ascolta ed elabora connessioni ed intersezioni, si ridefinisce in base allo scambio effettuato. Il pensiero erratico si sradica dal “centro”, si osserva dall’esterno e torna in se stesso, pronto a rimettersi in gioco ogni volta. Questa sfida, dialogica e relazionale, è la più grande a cui è chiamata oggi un’Amministrazione Penitenziaria che si pone in una dimensione transculturale.

Se i detenuti stranieri si trovano in una situazione in bilico tra l’emergenza sanitaria che rappresentano e i bisogni educativi che esprimono, i concetti (ad oggi ideali) di carcere e salute, carcere ed educazione, carcere e legalità, carcere e riabilitazione devono assolutamente essere prioritari per uno Stato che si fa garante dei diritti umani e che si ritrova invece con carceri sovraffollate e con una popolazione straniera in aumento.

Quali gli scenari futuri?

Pina Mangifesta

Firmate & fate firmare!

Da change.org

“PETIZIONE PER SALVARE GLI ULIVI, L’ OLIVICOLTURA SALENTINA, IL SALENTO INTERO DALLA PERICOLOSAMAXI-FRODE COSTRUITA SULLA XYLELLA

ALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLE NAZIONI UNITE – ONU

ALL’UNIONE EUROPEA

AI COMMISSARI EUROPEI ALLA SALUTE E ALL’AGRICOLTURA

AL GOVERNO ITALIANO

AI MINISTERI DELL’AMBIENTE, SALUTE, AGRICOLTURA E BENI CULTURALI

ALLA REGIONE PUGLIA

AL DIFENSORE CIVICO DELLA PROVINCIA DI LECCE

E A SOSTEGNO DELL’ AZIONE DI INCHIESTA DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI LECCE GIA’ AVVIATA ED IN CORSO

Affinché fermino la frode che si sta costruendo intorno ad un mistificato microrganismo, la Xylella, in Puglia per sterminare a fini speculativi e per permettere cementificazioni e nuove colture industriali e brevettate la plurimillenaria Agroforesta dei sacri Ulivi del Salento e la biodiversità di questa subregione meravigliosa e ricca di natura e paesaggi incantevoli nel sud dell’Italia.

Preso ormai evidentemente atto dell’ operato assurdo da parte di vari soggetti operanti nel settore agronomico che hanno alimentato nei fatti una vera e propria “psicosi” ingiustificabile sul microorganismo xylella, delle numerosissime incongruenze e anomalie che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando tutta la vicenda xylella in Puglia, che rivela sempre più evidentemente i connotati di una delle più grandi frodi mai operate ai danni dell’Europa e di un territorio europeo, come ben denunciato nell’ interrogazione parlamentare che qui linkiamo –http://dati.camera.it/ocd/page/aic.rdf/aic4_02736_17 -, delle nebulosità che caratterizzano tutta la vicenda in un quadro deficitante da ogni punto di vista scientifico, e degli spettri speculativi che appaiono sempre più forti dietro il tentativo di fare scattare una devastante forsennata “quarantena” attorno al presunto ritrovamento del batterio, a danno invece di un operato serio e responsabile volto alla cura dei nostri ulivi e alla cura e massima protezione biologica dell’ intero ecosistema oliveto,

CHIEDIAMO:

-) di rivedere la normativa europea escludendo la tipologia di xylella, che si sarebbe ritrovata in questi mesi nel Salento, dall’elenco dei patogerni da quarantena, sia alla luce della sua non provata patogenicità per l’ ulivo, sia alla luce della scorrettezza consistente nella sua identificazione con i ceppi di xylella, ad oggi, noti nel mondo e per i quali è prevista la quarantena in Europa;

-) di ritirare la decisione europea emessa sulla xylella individuata, si è detto per lo meno, su alcuni ulivi salentini, in un clima di caos creato artatamente sulla vicenda, ed in assenza di controprove da parte di organi ed enti di ricerca indipendenti;

-) di ritirare il decreto ministeriale volto allo sterminio degli ulivi e piante e insetti ospitanti xylella, con creazione di assurdi ed inutili cordoni consistenti in fasce di Salento dove si vorrebbe eradicare ogni cosa e spargere agro-veleni contro erbe e insetti, per una desertificazione piro-chimica assolutamente criminale, illegale ed immorale sotto ogni punto di vista – un biocidio pseudo-leggittimato folle ed inaudito da scongiurare;

-) di vietare eradicazioni di qualsiasi pianta, alla luce anche del fatto che molte piante che ospiterebbero xylella la ospitano in maniera asintomatica, che molti ulivi colpiti stanno ripollonando dalla sana radice, e tanti curati con potature, fertilizzanti e prodotti biologici stanno rigermogliando nonostante la sintomatologia di parziale secco di alcuni rami che avevano presentato;

-) di vietare l’ uso di agro-veleni contro insetti ed erbe in aree in cui gli alberi hanno presentato sintomi di disseccamento e non;

-) di operare per il riconoscimento del vasto ecosistema oliveto in Puglia come tutelata agro-foresta in cui fovorire pratiche virtuose secondo quanto riportato nel manifesto che qui linkiamo:http://forumambiente.altervista.org/manifesto-per-il-riconoscimento-del-vasto-ecosistema-dell-uliveto-quale-agroforesta-degli-ulivi-di-puglia/?doing_wp_cron=1417215455.5739688873291015625000

-) di vietare il danneggiamento delle macchie di vegetazione spontanea lungo i margini di canali e bordi di campi ed oliveti, dove vivono anche numerosi uccelli ed altri insettivori, e che rappresentano corridoi ecologici di biodiversità tutelati da normative europee e internazionali sugli habitat selvatici;

-) di rimuovere tutti i responsabili e ricercatori che ad oggi si sono interessati a livello pubblico della vicenda accentrando le loro ricerche, o meglio celando il loro effettivo operato, come denunciato sui media da ricercatori dell’Università del Salento, anziché aprirsi sin da subito al massimo coinvolgimento della comunità scientifica e dei saggi, data la affermata “novità” della vicenda, smentita nei fatti dallo storico, nella letteratura agronomica, relativo ad altre vaste ondate di disseccamenti parziali sugli olivi salentini avvenute nei secoli passati e di cui si è ritrovata ampia documentazione in letteratura scientifica, e nonostante le quali gli olivi sono sopravvissuti, anche con tanti esemplari plurisecolari;

-) di coinvolgere enti di ricerca italiani e non svincolati da quelli che ad oggi, a vario titolo, hanno contribuito invece al dannoso caos odierno sulla vicenda e che son oggetto delle inchieste della magistratura sul caso xylella;

-) di imporre sugli uliveti colpiti l’obbligo della cura delle piante, e al più reinnesto di cultivar salentine di olivo, a partire dai cloni che si riveleranno più resistenti, o comunque sempre cultivar di olivo tipiche del sud Italia, da innestare sui polloni radicali vivi nella stragrande maggioranza degli ulivi colpiti, VIETANDO reimpianti di cultivar industriali brevettate, OGM o meno, di olivi o altre piante;

-) divieto di conversione agricola di oliveti nel verso di colture differenti;

-) vincolo permanente ed immodificabile di inedificabilità sui suoli olivetati colpiti da sintomi di disseccamento o da incendio o abbattimento, doloso o meno (trombe d’aria, ecc.), e sui quali obbligare al mantenimento della destinazione agricolo-olivicola;

-) favorire lo studio volto alla comprensione del ruolo e del valore ecologico della xylella, presente innocua il più delle volte su, ad oggi si sa, ben 150-200 specie di piante, e degli insetti cicadelidi ad oggi associati alla xylella, anche alla luce della endemicità sospettata sempre più per la xylella nell’ambiente mediterraneo, motivo per cui non avrebbe alcun senso vederla e presentarla, come in questa vicenda scandalosa fatto da alcuni, come una terribile minaccia, anche alla luce delle forzatura a-scientifiche che in Puglia son state fatte sulla stessa al fine di fare scattare la quarantena speculativa dei pieni poteri, e dei grandi finanziamenti pubblici per la ingigantita strumentalmente “emergenza” con un modus operandi mediatico di comunicazione “terroristica”, per far legno, lucrosa biomassa, degli ulivi, e liberar suoli per varietà e colture brevettate, a danno dell’ indipendenza storica degli agricoltori, vincolandoli così alle multinazionali biotech, e far spazio per speculazioni cementificanti d’ogni tipo;

-) favorire nuovi seri studi sulla xylella nel Salento, per verificarne presenza, natura, comportamenti, importanza ecologica, tutto il contrario di quanto ad oggi avvenuto dove studi californiani su xylella son stati importati ad hoc per il Salento, sostituendo alla parola “vite”, pianta colpita in California, (dove la xylella non ha colpito invece l’ ulivo seppur presente), la parola “ulivo”, che la xylella avrebbe colpito invece nel Salento, tramite mutazione genetica, perdendo, cosa stranissima geneticamente, in un sol colpo, la patogenicità per la vite, esatamente nel breve ipotetico viaggio di importanzione !!!! Un copia/incolla che ha portato a clamorosi errori, come l’aver dichiarato su recenti determine ufficiali regionali di aver trovato la xylella su una specie di acacia, che è invece assente nel Salento, ma è presente in California e documentata proprio negli studi su xylella condotti in California, per poi accorgersi della svista rivelatrice, fare ritirare la determina e sostituirla con una seconda con un nome più corretto, quello di una specie di acacia presente in Salento!

-) studiare nel tempo il decorso sugli alberi del complesso del disseccamento, studio ad oggi mancante, e sostituito da sentenze di morte emesse anzitempo e contro dati oggettivi ed evidentissimi, spesso frettolosamente negati, di ripresa delle piante colpite;

-) sbloccare le attività vivaistiche, divenute ingiustamente i responsabili capri espiatori, accusate di aver importato un batterio, che, poi si dice, si presenta invece come avente caratteristiche riscontrate per la prima volta nel mondo solo ora nel Salento, tanto che è stato battezzato con un nuovo nome in termini di varietà, in un quadro dove poi anche si afferma la sua endemicità nel bacino del Mediterraneo!

-) di approfondire in ogni aspetto, a livello di organi di controllo internazionali, europei e nazionali, attraverso anche una commissione specifica di indagine, eventualmente anche parlamentare, e che si avvalga degli enti ed organi di Stato di Pubblica Sicurezza e vigilanza, la frode costruita sulla xylella, per comprendere e così prevenire quel modus operandi che intorno al concetto di patogeni, che colpirebbero vegetali ed animali, viene seguito per mettere in atto maxi-frodi speculative ai danni dello Stato Italiano, dell’Unione Europea e dell’ambiente, e che sempre più varie inchieste della Magistratura negli ultimi mesi stanno smascherando, come nel caso dello scandalo dell’aviaria e della lingua blu;

-) di abbassare i toni sul caso xylella, stigmatizzando il terrorismo ad oggi fatto artatamente sui media da irresponsabili nei fatti dimostratisi incompetenti;

-) di affiancare tutti l’azione della Magistratura perché possa smascherare con la dovuta serenità e calma l’intera frode, al fine di permettere agli studi agronomici, questa volta seri, di riprendere il loro corso nel verso della cura vera dell’ecosistema oliveto secondo le filosofie del biologico, scongiurando e vietando l’uso di prodotti chimici di produzione industriale in agricoltura, ovvero veleni che minacciano la Salute Pubblica in un territorio, quale quello salentino, densamente abitato e quindi la salubrità dei suoli, aria ed acque, in questa subregione caratterizzata da una natura geologica carsica e nella quale le acque potabili vengono emunte dall’Acquedotto Pugliese e dai privati dal sottosuolo, dalle falde freatiche ipervulnerabili estesamente presenti nel Salento. Così anche  risollevando, con la smascherata frode, il settore agricolo-olivicolo nonché turistico, dal grave danno di immagine causato; un danno causato artatamente ad hoc per favorire la svendita, del Salento alle multinazionali dei pesticidi, del biotech, dell’ industria e del cemento, come sempre più elementi stanno disvelando. Vergognoso, ad esempio, in un convegno definito scientifico recentemente organizzato sulla questione, come volevasi dimostrare, diversi definitisi “ricercatori” hanno detto alla stampa che l’unica soluzione al problema sarebbero, pensate, proprio le piante Geneticamente Modificate, i mostruosi OGM,

QUOUSQUE TANDEM ABUTERE PATIENTIA NOSTRA!”.

Ho firmato: https://www.change.org/p/unione-europea-governo-italiano-regione-puglia-organizzazione-nazioni-unite-onu-commissari-europei-alla-salute-e-all-agricoltura-ministero-all-ambiente-ministero-alla-salute-ministero-ai-ben-fermino-la-frode-biocida-che-si-sta-costruendo-in-puglia-in?recruiter=164293704&utm_source=share_sponsor&utm_medium=email&utm_campaign=share_email_responsive

Giovanni Bongo

Nel bel mezzo di un prato

La scogliera, l’uliveto, il mare. Sembra un incanto intatto. Sembra di poter chiudere gli occhi in un tempo per ridestarsi in un altro. Sembra tutto come fu. Sembra tutto come dovrebbe essere. Sembra tutto come vorremmo che fosse.

Gli ulivi, il trullo, la scogliera. Il mare. Sembra tutto intatto. Sembra tutto intangibile. Fermo nel tempo che scorre. Sembra solo tempo.

Il segno dell’uomo è solo nelle pietre disposte con cura a formare muri apparentemente casuali?

Il segno dell’uomo è invece rude, improvviso, improvvido.

Eccolo. Una latta tra i sassi. Color ruggine. Manufatto che torna materia. Materia che torna ad essere elementare natura.

Può essere? Deve per forza essere così?

G. B.

latta