Fontane pubbliche 1

Giunta primavera è bello andare a zonzo, fare gite, portarsi uno zaino e il cane al fianco. Bello è uscire, passeggiare, visitare musei, adocchiare statue, fermarsi a rimirare chiese, palazzi, piazze.

Viene sete, camminando.

Allora è bello aver con sé una borraccia; e riempirla di gusto a una fontana. Bere acqua fresca, buona, pubblica: questo è quel che si deve fare.

Non comprare l’acqua. Abbeverati come i viandanti. Non cercare supermercati, cerca fontane.

Com’è civile una comunità, anche piccola, dotata di fontane pubbliche. Al pari di alberi, giardini curati e biblioteche, la presenza di fontane dichiara la dignità di un luogo, la sua capacità di accoglienza, il suo amore per le cose essenziali.

G. B.

Foto: Giovanni Bongo

Foto: Giovanni Bongo

Camminare 6

Una vera vita è sempre una vita altra, una vita diversa. Frédéric Gros

Oggi è un giorno diverso. Un giorno nuovo. Per forza di cose. Non è ieri, non è domani, non è come sempre. Sebbene sia come ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, è un altro giorno, un’altra ora, un altro minuto. Tutto scorre mentre è. Tutto è mentre scorre. Giochi di prospettive, rimandi, coincidenze, decostruzioni.

Prendere sassi e gettarli in acqua. Prendere sassi e farne mucchio. Giocare con i sassi. Giocare con l’acqua. Apprendere dalla materia che ogni possibilità, tra tantissime, è una sola possibilità tra moltissime.

Si gioca col vuoto, mentre si cammina. Si pensa il vuoto, mentre si cammina. Si perde il vuoto, mentre si incede con passo monotono verso luoghi della cui fisionomia ignota restiamo ignari anche dopo averli lungamente osservati.

Quante vite, oltre i muri. Che vite, dietro i vetri di finestre mai viste prima? Quante cose non dette, non conosciute, impreviste?
Crediamo di sapere tutto, di conoscere tutto, di poter prevedere tutto: abbiamo mappe, cartine, satellitari, palmari, telefoni simili a computer. Non sappiamo quasi nulla di chi ci è accanto; e neppure di noi stessi, alle volte.

Dietro un muretto compare la sagoma elegante di un gruppo di fiori. Lo sguardo cade sui colori, su dettagli insignificanti all’apparenza.

Un ricordo – e sprofondiamo nell’infinito silenzio dal quale emergono figure incerte: fantasie, ossessioni, desideri inconsulti, volontà represse.

Il cammino è particolarmente duro in prossimità di un imprevisto: non tanto una salita quanto l’improvvisa consapevolezza di non essere se stessi; anzi, di essere decisamente altrove, da un’altra parte, in una figura che non siamo noi per nostro difetto.

Quasi mai invidiamo gli altri; sempre invidiamo noi stessi in quel che non siamo ma saremmo potuti essere.

Chi sono, perché non lo sono?

Camminare stanca perché non concede scuse alle quali fare appello quando le domande sono affermative.

Giovanni Bongo

Cammino di Santiago (foto di G. B.)

Cammino di Santiago (foto di G. B.)