Beni di largo consumo. Consumati da tutti. Consumati assiduamente. Consumati largamente. Quotidianamente.
Largo consumo: una trappola concettuale. Non significa (più) beni necessari, essenziali, universalmente condivisi in ampi strati socio-antropologici. Non significa più beni vitali: acqua, cereali, frutta, farine.
Beni di largo consumo sono, oggi, i beni tacitamente consumati dalla maggioranza e per questo ritenuti necessari.
Inversione (perversione?) concettuale: non sono di “largo consumo” i beni necessari e largamente consumati; lo sono i beni largamente consumati e, dunque, ritenuti necessari.
Esempi? Le bibite dolcificate, colorate, addizionate; le merendine; i piatti usa e getta.
Bene di largo consumo? Tutti quelli ignoti fino alla loro scoperta e alla successiva diffusione di massa: lo shampoo, a titolo di esempio. Anche gli antichi amavano avere i capelli puliti ma non usavano detergenti contenenti schiumogeni, siliconi, petrolati.
Proponiamoci un compito: facciamo una ricognizione dei beni “di largo consumo” che noi stessi consideriamo essenziali, irrinunciabili, imperdibili.
Facciamo una lista del nostro personale “largo consumo” e chiediamoci quali dei nostri beni di “largo consumo” siano davvero essenziali: tali da meritare di finire nello zaino di una sopravvivenza ipotetica e giocosa.
G. B.