Largo Consumo 1

Beni di largo consumo. Consumati da tutti. Consumati assiduamente. Consumati largamente. Quotidianamente.

Largo consumo: una trappola concettuale. Non significa (più) beni necessari, essenziali, universalmente condivisi in ampi strati socio-antropologici. Non significa più beni vitali: acqua, cereali, frutta, farine.

Beni di largo consumo sono, oggi, i beni tacitamente consumati dalla maggioranza e per questo ritenuti necessari.

Inversione (perversione?) concettuale: non sono di “largo consumo” i beni necessari e largamente consumati; lo sono i beni largamente consumati e, dunque, ritenuti necessari.

Esempi? Le bibite dolcificate, colorate, addizionate; le merendine; i piatti usa e getta.

Bene di largo consumo? Tutti quelli ignoti fino alla loro scoperta e alla successiva diffusione di massa: lo shampoo, a titolo di esempio. Anche gli antichi amavano avere i capelli puliti ma non usavano detergenti contenenti schiumogeni, siliconi, petrolati.

Proponiamoci un compito: facciamo una ricognizione dei beni “di largo consumo” che noi stessi consideriamo essenziali, irrinunciabili, imperdibili.

Facciamo una lista del nostro personale “largo consumo” e chiediamoci quali dei nostri beni di “largo consumo” siano davvero essenziali: tali da meritare di finire nello zaino di una sopravvivenza ipotetica e giocosa.

G. B.

Foto: dalla Rete.

Foto: dalla Rete.

Autobus e incontri

High school students queuing for school bus

“Salgo sull’autobus Chieti – Pescara.

E’ affollato, vedo un posto libero e chiedo al ragazzo seduto a fianco: – Posso? -. In tre secondi con uno sguardo mi rivela tutto il suo stupore. Mi siedo e due signore si sono voltate per guardarmi. Prendo coscienza che molti passeggeri sono in piedi e che il ragazzo al mio fianco è un africano con un piccolo dizionario francese – italiano tra le mani. Prima di scendere alla mia fermata, mi volto indietro, il posto da me lasciato è tornato ad essere libero, una ragazza resta in piedi proprio nella sua direzione e il ragazzo che viene dall’Africa continua a tenere tra le mani il suo piccolo dizionario.”

Pina Mangifesta

Principio di inerzia?

Fare le cose perché tanto così fanno tutti. Fare le cose perché tanto le cose così si fanno. Procedendo con moto uniforme e inerziale in questa vita difforme e ad alta entropia. Fisica della esistenza. Meccanica dell’esistere.

Invece, con ostinazione contraria (cara al poeta), facciamo in modo diverso. Tutti comprano la bibita ambrata con le bollicine e tanto dolce al palato ma senza zuccheri aggiunti? Noi no, spremiamo due arance. Tutti vanno all’inaugurazione del nuovo portatile sottile quanto una pizza cotta a legna? Noi no, il giardinetto vicino casa è meno affollato e dunque andiamo là.

Jung parlerebbe di principio di individuazione: dunque chi siamo? Siamo come massa inerziale? O siamo noi stessi?

Oggi farò colazione a casa. Poi uscirò a piedi. Lascerò stare l’automobile. Sorriderò al giornalaio. Saluterò la signora, quella all’angolo, che fa la spesa sempre alla stessa ora. Oggi comprerò una piantina di timo e la metterò giù nell’aiuola del condominio. Poi andrò a fare visita a quel mio amico stanco e solo, mi farò dire come sta. Oggi.

Oggi facciamo così? Ricapitoliamo: la signora della spesa, la piantina, l’amico…

Oppure confondiamo le cose: regaliamo il timo all’amico, facciamoci raccontare due cose dalla signora della spesa, andiamo a piedi dal giornalaio per chiedergli una piantina di timo… No, non proprio così.

La confusione dipende dalle abitudini. Le abitudini rovinano perfino certi vizi innocenti. Di sicuro mandano in malora la genuinità dei nostri giorni. Basta, dunque, con l’inerzia di un movimento non deciso da noi.

Ecco, cominciamo col dire: oggi decido. Il bivio è aperto!

G. B.

Foto di G. B.

Foto di G. B.