Educazione all’intercultura

La formazione delle nuove generazioni deve avvenire nell’ottica di un futuro sempre più all’insegna dell’ibridazione culturale, della globalizzazione e del confronto tra una pluralità di sfondi culturali. In questo orizzonte una pedagogia interculturale non si può limitare all’integrazione dell’immigrato, ma deve occuparsi dell’interazione culturale tra autoctoni e stranieri. L’autoctono, non solo lo studente o l’immigrato, va educato a muoversi in nuovi saperi e scenari multiculturali attraverso l’informazione corretta e veritiera. L’educazione interculturale non è compito solo della scuola, ma in generale di tutta la società, delle istituzioni pubbliche, delle associazioni (comprese quelle costituite da immigrati), del mondo dell’informazione. Non è sufficiente garantire la libertà di culto o incoraggiare manifestazioni folkloriche, di genere artistico o musicale, mentre è assolutamente necessario dialogare e soprattutto ascoltare.

P.M.

Intercultura

Curriculum vitae? 1

Cerchiamo candidati che abbiano maturato significative esperienze in aziende di primaria importanza.

Il/la candidato/a ideale (iperuranico/a?) è un/a giovane di 25-27 anni, laureato/a con il massimo dei voti, master in pubbliche relazioni, specializzazione post-universitaria, dottorato, pubblicazioni attinenti e almeno 3 anni di esperienza nel settore.

Il/la candidato/a ideale si è dunque laureato/a l’anno del secondo liceo. A sua insaputa. E ha cominciato a lavorare nel settore all’età della playstation.

Il/la candidato/a ideale parla almeno due lingue straniere, poco importa se poi dica “piuttosto che” per dire “o” e “assolutamente sì” per dire “sì” e “via libera alle vitamine e stop ai carboidrati” per dire “è preferibile consumare cibi crudi e ricchi in sali e vitamine, limitando gli zuccheri a catena complessa”.

Il/la candidato/a ideale ha studiato su dispense da 25 pagine, non ha mai letto (né è pensabile che legga) autori pericolosi (e naturalmente perditempo) come Rimbaud, Nietzsche, Simmel, Stirner, Pavese (per dirne alcuni); o pericolosamente pessimisti come Leopardi, Nietzsche (di nuovo?), Yourcenar.

Il/la candidato/a ideale è flessibile come una gomma da masticare, è adattabile come un/a candito/a, è capace di lavorare in team (si dice squadra), ed è naturalmente incline alla leadership (al comando, si dice al comando; oppure alla conduzione, per essere più morbidi; pardon, per essere soft).

Il/la nostro/a (vostro/a?) candidato/a ideale (di nuovo? Platone, ci sei?) è auto-munito, è un/a frequet o frequently flyer  (viaggia spesso in aereo), è dinamico/a, motivato/a, ottimista, curato/a.

Il/la nostro/a candidato/a ideale si fa la barba tutti i giorni; oppure non si fa la barba ma se la cura come un hipster (un appassionato di jazz, negli anni ’40; ora, uno con pantaloni un po’ corti e caviglia scoperta, barba lunga ma pettinata, aspetto trasandato con abiti da 550 euro, bici a scatto fisso d’ordinanza, tracolla di cuoio oppure di materiali ecologici con dentro un computer spesso la metà di quello dello scorso anno – che già era la metà di quello dell’anno prima).

Il/la nostro/a candidato/a ideale non ci chiede a che cavolo serva quello che gli/le facciamo fare; lo fa e basta; anzi, lo fa credendoci e facendoci credere che ci crede, al punto che alla fine ci crederemo pure noi.

Il/la nostro/a candidato/a ideale è un/una giovane dinamico/a, intraprendente, con significative esperienze nel ramo delle vendite (e sul tronco? Sul tronco avete mai cercato?) ed è ottimista, capace di lavorare in team (ancora? In gruppo, va bene dire in gruppo).

Il/la nostro/a candidato/a ideale riferirà direttamente al nostro team manager (ancora? Ci rinuncio).

Job offers: offerte di lavoro. Ricerca rivolta a entrambi i sessi (e i transgender?).

Cerchiamo un sales manager: venditore, si dice venditore. Stop. Per oggi stop.

Giovanni  Bongo

Foto: dalla rete.

Foto: dalla rete

L’Illusoria stabilità del mondo

Conta quando ci sei; conta quanto ci sei.

Improvvisa ti appare la memoria e il suon di lei; rapida è la consapevolezza di non potere più. Eppure, quando avresti potuto dire non lo hai detto. Eppure, quanto avresti potuto apprezzare che eri là e che c’era, c’erano. Con te.

Resta del tempo sulle cose del mondo. In forma di sabbia. Come granelli mossi e in apparenza sempre uguali, fermi, sostanziali.

Apprezzare ogni istante non è un cavillo da meditazione orientale. Semplicemente, siamo noi stessi solo negli istanti. Negli attimi che ci danno l’illusoria percezione della continuità.

A distanza di tempo (ché il tempo è una unità di misura) tutto appare qual è: fragile. Meraviglioso e fragile.

La pizza impastata di notte per l’indomani è un atto di cortesia verso il domani. Verso l’irripetibile gioia di farsi sfiorare dagli occhi meravigliati di un figlio: uno sguardo che non conosce sfide o paragoni di bellezza.

Ah, se la meraviglia filosofica fosse qualcosa da non portarsi a casa con un buon (futile) voto da vantare con amici e zie.

Ah, se comprendessimo dai poeti che davvero ogni istante va carpito.

La stabilità del mondo è una illusione. Non crucciartene, tu che leggi. Non è così male. Si tratta di vita. Vita che va perché, forse, non potrebbe andare altrimenti.

Foto: G. B.

Foto: G. B.