Andare avanti significa, oggi, tornare. Tornare avanti, oggi, significa procedere.
Non v’è più scelta: il futuro, se ne avremo uno, dovrà essere differente da questo nostro ingordo presente. Fatto di stupide bulimie economiche, di misurazioni del valore (altrui, ma anche proprio) eseguite solo in certezza di danaro.
Quanto guadagni? Che lavoro fai? Ecco due tipiche domande, da bar, da selezione del personale, da pranzo di Natale, che tutti rivolgono a tutti con preoccupante naturalezza.
A pochi sembra importare altro: cosa ti piace? Chi ami? Leggi poesie? Coltivi fiori? Hai una squadra del cuore? Hai mai visto quel film? Conosci quella piazza?
Che lavoro fai? Quanto guadagni? Le sue precedenti esperienze lavorative?
Auto; spese; acquisti; consigli per gli acquisti; cose; cose; ancora e sempre cose. Ancora e sempre: danaro, cumuli di immondizia, spese folli, inquinamento, strade sporche percorse da auto lucide.
Il futuro, se ne avremo uno, dovrà essere differente.
La brezza d’aprile profuma di estate incipiente, alle sette di sera in un campo di giovani piccole piante di pomodori.
Allora è dolce tornare, silenziosi, essenziali, sui propri pedali.
Non ci si domanda: che lavoro fai, quanto guadagni?
Semmai si tace; oppure ci si chiede, timidi, che senso abbia questa vita, questa nostra vita, che alle volte non significa nulla in apparenza.. Forse perché indica se stessa, come parola coincidente con la cosa che è già. Come parola solida. Come parola secca, quasi non poetica. Dunque, perfettamente pulita: come poesia pura.
G. B.