Consumo di suolo 2

Il consumo di suolo ha ormai ferito circa 22.000 chilometri quadrati del nostro territorio nazionale. Ogni giorno perdiamo 70 ettari di suolo fertile. Dagli anni ’50 del secolo scorso ad oggi siamo passati dal 2.9% al 7.3% di suolo definitivamente consumato, cementificato, impermeabilizzato.

Le città crescono; le aree industriali crescono; le aree commerciali crescono: spesso senza alcun criterio urbanistico accettabile, senza alcuna logica, senza alcuna necessità.

Il suolo fertile è vitale: significa cibo, ossigenazione e purificazione dell’aria, bellezza, armonia paesaggistica, integrità culturale, diminuzione dei rischi connessi al dissesto idrogeologico e al cambiamento climatico.

La sempre crescente domanda di nuove infrastrutture, (strade, autostrade, ferrovie ad alta velocità, strade secondarie) e di nuovi complessi residenziali e di nuove aree produttive, sta cancellando la fisionomia rurale del nostro Paese.

In alcune aree d’Italia, le aree agricole sono sempre meno distinguibili dalle aree urbane e metropolitane, con queste ultime sempre meno fattore di armonia, equilibrio e bellezza.

Città satellite, a pochi km dal centro, puntellano le nostre campagne e degradano il nostro paesaggio; si tratta di agglomerati urbani spesso privi di servizi essenziali, costruiti con il solo scopo di fare circolare danaro (spesso generato da attività illegali) dalle tasche dei soliti noti a quelle dei soliti ignoti.

Frattanto, il consumo di suolo implica anche la perdita di capacità agricola di molte aree d’Italia. Il suolo consumato diviene sterile, improduttivo, privo di vita.

I dati del rapporto 2012 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul suolo consumato in Italia sono spaventosi. La Coldiretti evidenzia che: “Per quanto riguarda le aree agricole è certo che il consumo di suolo si accompagna nel nostro Paese alla perdita di ampie aree vocate all’agricoltura, in particolare nelle zone circostanti le aree urbane”.

La soluzione? Senza dubbio politica; ma anche le scelte individuali e civiche contribuiscono. Basta mettere in comune esperienze e consapevolezza: coltivando spazi comuni abbandonati; chiedendo ai nostri amministratori di non consentire più alcuna altra variante urbanistica; ristrutturando vecchie case e non costruendone di nuove; parlando apertamente del fenomeno e non votando più i politici coinvolti nel vecchio (italico) sport di promettere sempre e solo grandi opere in cemento armato.

Il cemento è uno dei grandi settori di investimento delle mafie… Di questo torneremo a parlare.

G. B. 

Foto: dal web

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