Chernobyl: 29 anni dopo…

Chernobyl, Ucraina. A 29 anni dal disastroso incidente occorso alla centrale nucleare (tristemente) più nota nel mondo, ancora 5 milioni di individui vivono in zone altamente contaminate.

Secondo Angelo Gentili, responsabile Legambiente solidarietà: “Anche se sono passati 29 anni dall’incidente del 26 aprile 1986 la situazione continua a essere preoccupante e le persone, soprattutto i bambini, continuano ad ammalarsi. E come se non bastasse, a questo scenario allarmante si somma anche l’insensata costruzione della nuova centrale nucleare di Ostrovets, nel nord della Bielorussia, a soli 55 km dal confine con la Lituania“.

Legambiente ricorda che “nemmeno la questione urgentissima della messa in sicurezza della centrale di Chernobyl è stata risolta e si è tutt’ora alle prese con i lavori di costruzione del nuovo sarcofago. Il reattore in pessime condizioni è infatti una vera bomba a orologeria che deve essere subito disinnescata“.

L’energia nucleare sicura, in Francia, Giappone, Italia (abbiamo l’enorme problema delle scorie) non esiste.

L’unica forma di energia nucleare sicura a noi nota è quella del sole.

Occorre pensarci…

G. B.

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2 thoughts on “Chernobyl: 29 anni dopo…

    • Ottima domanda, infatti il problema dell’energia nucleare non è in alcun modo “confinabile”, sebbene i fattori di rischi siano inversamente proporzionali alla distanza da simili luoghi di rischio; Il problema non si risolve così, tuttavia, né può essere liquidato con una egoistica alzata di spalle, dicendo “tanto sono lontano”… In generale, nessun altro problema umano odierno è solo territoriale. Non è territoriale l’inquinamento delle acque, non lo è l’inquinamento dell’aria, non lo è la tragedia incontenibile dei flussi migratori. Le questioni ambientali e sociali sono, per forza di cose, planetarie. Occorrono scelte di sistema, dunque. Occorrono scelte generali, per l’appunto. Del resto, come è vero il fatto che avere in casa dei fumatori (cosa rischiosa in sé) non è paragonabile al fumare in prima persona; così avere dei confinanti “nuclearizzati” (penso anche ai francesi) non implica che noi siamo tenuti a compiere scelte parimenti rischiose, col pretesto che “tanto è uguale”. In Politica, inoltre, dovrebbe valere il “principio di precauzione” tanto caro a buona parte del mondo scientifico, medici in testa. Serve, insomma, una Politica Planetaria per le energie, l’ambiente, il cibo, ii diritti. Dal canto loro, i popoli possono fare tanto: con le pressioni, le petizioni, le proteste, le proposte di legge, le pratiche di vita, le azioni concertate e condivise.
      I politici non mettono fuori legge i pesticidi? Noi possiamo decidere di non farne più alcun uso, boicottando i prodotti alimentari di incerta provenienza. I politici non eliminano definitivamente le buste di plastica? Noi possiamo usare sporte di tela.
      La scelta, ovvero la crisi in uno dei suoi significati etimologici, è davvero la nostra quotidiana, democratica e nonviolenta maniera di dire la nostra dignità.
      Grazie per il tuo contributo, bloody ivy ; è prezioso come tutto ciò che permette il dialogo.
      G. B.

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