Camminare 13

Il corpo dell’uomo è sacro e il corpo della donna è sacro, non importa chi sia… Walt Whitman

Sì, lo so fare. Lo posso fare. So farlo perché posso. Posso perché so farlo. Non so cosa implichi cosa, se il potere o il saperlo fare. Non so cosa, necessariamente. Non so quale sia l’ineludibile condizione di partenza. Quale la condizione necessaria perché qualcosa avvenga.

Penso a chi non può. Immagino chi non può. Ipotizzo come si possa sentire chi non può. Penso anche a chi, per accidia, accidenti, non vuole. Provo stizza. Non posso fare altro che dare l’esempio, però, e poco altro posso fare.

Chi non cammina, perché non vuole, adduce molteplici, assolutorie, motivazioni: non ne ho il tempo, beato te. Io lavoro tutto il giorno. Non ho tempo da perdere, Io. Io a mala pena riesco a sistemare quattro cose a casa, dopo l’ufficio, Io. Io devo andare in ufficio, Io, ed è lontano. Magari potessi, Io, non me lo lascerei dire due volte, Io.

Chi non può camminare ti osserva. Se ne sta seduto di là dal vetro, mentre gocce di pioggia solcano i suoi pensieri trasparenti come cristalli autunnali.

D’estate siede all’ombra di un grande ombrellone senza colori, nell’angolo tranquillo di una spiaggia piena di voci rapide e squillanti.

Chi non può camminare viene sospinto da una madre che sembra la Madonna ma è solo una buona madre; oppure da un amico fedele come un cane. Chi non può camminare darebbe tutti i suoi giorni, pur di correre una sola volta.

Chi non vuole camminare frena forte per dirti che ha una bella auto sotto i glutei fiacchi. Chi non vuole camminare va in palestra, in suv, e poi sale sul tappeto, ci sta sopra 35 minuti, e a fine giornata ti racconta che ha camminato.

Chi non può camminare è giocoso, nella comitiva che qualcuno guarda con un misto di pietà e sottile nausea, al ristorante o in spiaggia. La sedia a rotelle ancora suscita orrore, in chi sta seduto sul sedile in pelle di una macchina da 50.000 euro. Del resto, c’è sedia e sedile, e che cavolo!

Chi non vuole camminare ha lo studio privato e ci passa 20 ore ogni giorno: sembra dirlo con l’orgoglio di chi ti scruta per farti notare che sei tu, camminatore, che non hai proprio un cappero da fare.

Altro che camminate, e quando lavori?

Chi non può camminare l’ha fatto magari di giorno, fino a una certa età, prima che la malattia cominciasse a mangiargli tutti i muscoli, lasciandolo solo con gli occhi vigili e tanta forza nella sola testa ormai immobile.

Chi non cammina, perché non può farlo, non capisce a fondo chi non cammina, perché non vuole farlo.

Lo zaino di chi cammina, se pensa a chi non può farlo, diventa una riserva di potenza; lo zaino di chi cammina, se pensa a chi non vuole farlo, diventa  una riserva di rabbia.

Potenza e rabbia: servono a camminare. Devono camminare. Per cambiare, cambiare, cambiare occorrono potenza e rabbia.

Non sapendo a chi dirlo, certe volte, lo lasci scritto per terra nel calco dei piedi che fai pesanti a bella posta, per lasciare sul suolo una traccia di te, per marchiarlo col fuoco della tua presenza.

Il corpo è sacro, lo sai. Sacro è il corpo usato finché c’è energia. Perché un corpo che non usa se stesso, e non osa, è un corpo che non saluta la vita ogni santo istante di ogni santo giorno. Un corpo pigro offende la sacra vita.

Sacra perché vive e non perché si debba andare a celebrarla in chiesa, con l’auto domenicale – mica a piedi.

Camminare stanca, certo; chiede tempo, certo. È incomodo, certo. È così bello, però, che basta solo questo a giustificare il fatto di farlo. Camminare è un atto gratuito, necessario, sufficiente e vero: come tutto ciò che è vivo.

Cammina. Cammina…

 

Giovanni Bongo

Foto di G. B.

Foto di G. B.

Foreste a rischio

Troverai più nei boschi che nei libri, gli alberi e le rocce ti
insegneranno cose che nessun maestro ti dirà. Bernardo di Chiaravalle

Le Foreste del mondo sono a rischio. Questa è la più recente denuncia del WWF.

Dal sito della sezione italiana della celebre associazione ambientalista apprendiamo che “se il trend attuale di deforestazione” nel periodo compreso “tra il 2010 e il 2030” dovesse continuare “perderemo (…) fino a 170 milioni di ettari di foreste.

In particolare, i polmoni verdi a rischio sono:
Amazzonia,

foresta atlantica e Gran Chaco,
Borneo,
Cerrado,
Choco-Darien, 
Africa Orientale,
Australia orientale,
Greater Mekong,
Nuova Guinea
Sumatra
Bacino del Congo.

Questi luoghi contengono la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo, comprese le specie in via di estinzione, come oranghi e tigri, e sono tutti aree fondamentali per molte comunità indigene“.

Occorre immaginare “un bosco che si estende in tutta la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo spazzato via in soli 20 anni“, dichiara Isabella Pratesi, Direttore programma di Conservazione Internazionale del WWF Italia

Lo studio del  WWF evidenzia inoltre che “oltre 230 milioni di ettari di foresta scompariranno entro il 2050 se non si interviene e che la perdita delle foreste deve essere ridotta quasi a zero entro il 2020 per evitare cambiamenti climatici pericolosi e perdite economiche“.

Cosa possiamo fare?

1. Non acquistare prodotti alimentari contenenti olio di palma: i palmeti da olio vengono impiantati dove prima sorgevano magnifiche foreste primarie.

2. Non mangiare più carne proveniente da allevamenti di animali concentrati in aree forestali primarie abbattute per fare posto a pascoli: in particolare, non consumare carne nei fast-food.

3. Non acquistare legnami pregiati privi della certificazione di sostenibilità ambientale.

Inoltre, nei nostri luoghi di vita, possiamo preservare le aree verdi a noi prossime; possiamo tutelare i boschi della nostra infanzia; possiamo piantare alberi ovunque sia possibile e curare il verde degli spazi pubblici abbandonati.

Possiamo donare alberi e piante per celebrare le occasioni importanti e chi amiamo, così da rinverdire le nostre relazioni, i nostri silenzi e i nostri affetti spesso privati di linfa.

G. B.

Foto: G. B.

Foto: G. B.