Camminare 15

Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente biliardo, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. La battaglia climatica per uccidere l’essere falso dentro di lui e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina sulla terra per smarrirsi nella foresta. Alexander SupertrampMaggio 1992 

(Christopher McCandless, vero nome di Alexander Supertramp)

Lo capisci camminando. Che la vita di molti è una terribile farsa; e lo è anche la tua, a tratti; o lo è stata, per troppo tempo. Lo capisci camminando, incedendo con passo ormai stanco, che qualcosa sfugge ai più.

Lacrime per sogni irrealizzati; lamentele per acquisti non fatti; un tormento sottile, sordo, costante, per insoddisfazioni costanti, sottili, sorde. Cosa vogliono, tutti? Cosa vuoi, tu stesso?

Invidia: ecco il nome del tormento. Invidiare quello, per la sua nuova auto; l’altro, per la villa con giardino botanico annesso. Invidiare quella, per il marito ricchissimo e affascinante (che nella realtà è un corruttore e un disonesto); invidiare quello, per l’amante sempre atletica. Invidiare. Ma nulla fare per essere invidiabili.
Il pettegolezzo scivola sulla pelle di chi crede di poter giudicare. Nessuno è felice di essere, soprattutto di poter dire di esserci stato.

Manca sempre qualcosa, a tanti. Cosa? Non ti piace la bistecca che hai nel piatto? Guarda dritto negli occhi quel bambino senza respiro, col ventre gonfio di fame e gli arti magri di inedia.

Non ti piace la camicia che indossi? Vallo a dire a quella madre livida da poco ripescata dal mare che le ha ingoiato il figlio.

Cosa vuoi? Cos’altro vuoi? Cosa credi che potrebbe renderti felice? La villa? Il conto in banca di un giocatore di calcio? Lo stuolo di donne di un politico affascinante solo per il suo ridicolo potere? Cosa pensi che potrebbe renderti lieta? Il centro estetico di quell’attrice? Quei tacchi dal costo di una rata immobiliare?

Quanta stolida superficialità. Se lo dici, sembri un pazzo. Se lo taci, ti sembra di impazzire. Ad un tratto, mentre cammini, e traversi l’ennesimo paese di cui non sapevi nulla fino a ieri, vorresti che l’intero mondo contemplasse se stesso come fai tu: come tu fai con te e col Mondo.

Di più, vorresti che tutti lasciassero le loro abituali occupazioni per mettersi a camminare come te, con te o senza di te, ma con lo stesso vigore. Vorresti che le scuole si svuotassero, che le città si spopolassero, che le fabbriche chiudessero, che i parlamenti si sospendessero, che i soldati lasciassero a terra i fucili; che tutti, vivi, forti, deboli, vecchi, sani, insani, giovani, maturi, saggi, folli, cominciassero a camminare per le vie della Terra. Per comprendere quanto poco serva ad essere felici; se non felici, autentici; se non autentici, un po’ sinceri e un po’ bugiardi, però schietti nell’uno come nell’altro (umanissimo) caso.

Tutti cercano qualcosa; ma cosa? Soldi, ricchezze, potere, influenza, fama, successo, gloria, tutti i sinonimi della gloria, del potere, del successo, della fama, delle ricchezze di tutti i sovrani del mondo.

Invece, tu vuoi solo essere sovrano di te stesso. Hai imparato che ti basta il suo sguardo. Il suo respiro. La sua bellezza incauta e immatura, mentre dorme. Hai imparato che la gioia è nelle mani sporche di terra e farina; e non sono sporche.

Hai imparato che un tramonto è come un’alba; e ti interessa poco il sorriso accondiscendente di chi pensa che tu sia fuori di te, fuori dal mondo, senza senso pratico, senza fiuto per gli affari, senza una vera responsabilità dirigenziale.

Sei stato in molti luoghi. Hai visto la guerra, ma dalla parte di chi la sopporta. Hai aiutato. Molto di più ti ha aiutato l’aiutare, e te ne sei fatto una colpa. Hai gioito di molte cose, non tutte spirituali. Hai fatto le tue prove.

Pensi. A chi non ha pane, madre, padre, patria, libri, letto, acqua, scarpe, pantofole, pettine, orologio, tetto, bicicletta, spiaggia, pallone, partita di calcio, amore, pietà, ascolto, comprensione, occasioni, forza, vigore, tempo, orizzonti, monti, pizze, birre, gelato, vacanze, terme, sorrisi, seduzioni, passioni, sesso, occhi, mani, gioia, speranza, disperazione. Pensi. A chi è tagliato fuori da tutto quello che puoi immaginare di avere. O da quello che hai.

Ora cammini. Sempre più leggero. Sempre più felice. Ti basta davvero poco. Basta davvero poco, qui, e c’è già; ma a qualcuno non basta.

Infine, domani camminerai ancora. Non lo dici; non dici domani. Hai imparato a stare nel presente. Hai soltanto l’ora; e sei qui. Che importa domani? Ti basta oggi. Ti basta qui. Non è una voglia, la tua; è una presenza. Presente. Viva. Vivente. In cammino. Non è altro che presenza. Non ti manca nulla, perché esisti.

Giovanni Bongo

Foto: G. B.

Foto: G. B.