Cosa (le) stiamo facendo?

Cosa stiamo facendo alla Terra? In Italia abbiamo consumato, cementificato, abbrutito il 20% delle coste. Una quantità di suolo impressionante.

Il recente rapporto dell’Ispra sul consumo di suolo (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) è inequivocabile: in Italia è stato “impermeabilizzato” il 19,4% di suolo compreso tra 0 e 300 metri, e circa il 16% di suolo compreso tra i 300 e i 1000 metri, dalla linea di costa.

Secondo Ermete Realacci, presidente della VIII commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera: “i drammatici dati del rapporto Ispra sul consumo di suolo, a partire dai cinquantacinque ettari persi ogni giorno, confermano la necessità di fermare il consumo di suolo come una priorità per il Paese“.

Le responsabilità politiche di una tale tragedia (trasversali agli schieramenti) sono evidenti, strutturate, consolidate, decennali.

Da parte nostra, noi, cittadini di questa repubblica malconcia, potremmo fare molto di più. Prendendo consapevolezza dei dati di fatto; scegliendo politiche (e politici) capaci di ridurre, o azzerare, il consumo di suolo; ristrutturando vecchie abitazioni e non pretendendo di costruire nuove case ovunque ci piaccia; abbandonando il mito della “seconda casa” per le vacanze.

A chi non ha i mezzi per speculare, costruire, comprare doppie e terze case, va raccomandata invece un’azione di tutela informale del paesaggio (a quella pubblica dovrebbero provvedere i pubblici poteri) e un’accorta relazione con i suoli. Dunque, portiamo attenzione a come ci muoviamo, a cosa mangiamo, a quali luoghi di villeggiatura preferiamo, a quali pratiche (comunitarie) di difesa degli spazi verdi attuiamo.

Esempi? Pernottare in una abitazione ristrutturata in un centro storico o in un orripilante villaggio vacanze a tre metri dal mare? Mangiare pomodori locali, e di stagione, o peperoni provenienti da capannoni agro-industriali costruiti nell’alveo di fiumi del nord-est? Preferire i treni o praticare le strade fatte su suoli sottratti alle risaie – costruite magari per celebrare eventi mondiali sul cibo? Si tratta, insomma, di avviare pratiche di disobbedienza civile…

C’è molto da fare; forse, e maggior ragione, c’è anche molto da non fare più o da smettere, per sempre, di fare!

G. B.

montagna e varie 078

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