Camminare 16

Che cosa dice la tua coscienza? Devi diventare quello che sei. F. Nietzsche

Che gran caso ti ha portato qui. Te lo sei chiesto, e detto, ripetendo a memoria, ma non con esattezza, quelle parole di quel filosofo di quel remoto periodo della storia: “osserva dall’alto”:..

Hai dovuto fare l’esercizio (di necessità virtù) di osservare dall’alto, per distaccarti dalla scena alla quale hai sentito di non poter in alcun modo aderire. Quante volte, quante, lo hai dovuto fare; quante volte hai dovuto immaginare di essere altrove, per non sentire l’urto ingiusto delle cose ingiuste che ti sono capitate.

Quale grande caso ti ha portato qui; cammini inquieto, oggi, quasi a voler fuggire, da qui e verso un altro luogo.

Complemento di moto in luogo: da qui a lì. Come a dire: da un tempo a un altro tempo, da uno spazio (ovvio) ad un altro spazio. Da uno spazio-tempo ad un altro spazio-tempo: ed eccoti chiarita la relatività, disarmata e priva di formule, ma così limpida, infine, da sembrar semplice.

Eppure, tutta la catena di fatti che a te sono noti, a te soltanto, dice quel che dice; se non fossi passato per là non saresti qui: di là dal bene e dal male – e di nuovo un filosofo soccorre il tuo pensiero di te.

Cammini senza alcuna ragione, oggi, e soprattutto senza alcun desiderio. Hai davvero smarrito le stelle, la stella, ogni paragone e ogni orizzonte. Non ha senso un bel niente, oggi, oppure non ne trovi uno. Starai in questa condizione per ore e per giorni; e non sai quando cesserà. Poi tornerà il buon umore, come un vento amico capace di spazzare via brume e nubi, con un moto rettilineo uniforme fatto di rotazioni per nulla uniformi e rettilinee: sì, vortici, frattali, geometrie non euclidee del tutto incalcolabili, o a mala pena immaginabili.

Cammini senza voglia, senza desiderio, senza motivi: quasi a stordirti; se bevessi vino non sarebbe uguale: perché dovresti rimaner seduto; e di questo non hai voglia alcuna.

Oggi sogni di partenze, biglietterie, stazioni, aeroporti, autostrade: oggi, sì, concederesti qualcosa al compromesso con i mezzi pesanti, con i motori, con tutto quello che, a parer tuo, è freno più che slancio.

Il fatto è che hai proprio voglia di andare, a rapidi passi (metaforici) verso il futuro, oltre che lontano; meglio, verso un altro presente, ovvero qui e ora ma non qui. Solo ora, ma non qui. Ché il futuro è tempo che non c’è ed è, soprattutto, tempo dopo questo tempo: e tu non vuoi affatto che il tempo scorra, ma solo che lo spazio passi.

Ecco, vorresti solo far passare lo spazio e rimanere nel tempo. Oggi è così: separare il tempo dallo spazio. Trattenere solo il tempo e lasciare andare lo spazio. Giovani, per sempre, e ovunque, in qualsiasi modo. Non male.

Oggi il tuo camminare è questo. L’infelicità è anche questo. In moto, da un luogo all’altro, è la rappresentazione di quel che significa dire: “vorrei andarmene”.

Solo nello spazio. Non nel tempo. Perché lo spazio guarisce il tempo ferito.
Questo è quel che hai motivo di pensare, oggi.

Camminando, l’intelligenza è nei piedi: ed è un bel pensare, perché tocca la base delle cose.

Giovanni Bongo 

Foto di: G. B.

Foto di: G. B.

Maldicenze

Di bocca in bocca la voce si ingrossa. Il parere aumenta di volume, non di consistenza. Il sentito dire è una diceria mai sentita per bene. Di bocca in bocca la verità, per attrito e per accumulazione, perde il suo purissimo vigore.

La parola data, di bocca in bocca, è parola persa. La parola detta, così trasferita, è parola mai comprovata.

Quanto è nobile un segreto custodito, una confidenza preservata, una scoperta custodita. Quanto è bello parlare, con i presenti, solo di quei presenti. Quanto è bello che un amico parli all’altro amico di sé, non del terzo escluso, che non è un oggetto logico ma un amico assente.

Invece, consideriamolo, non facciamo che parlare di altro, e degli altri, in loro assenza e in presenza nostra.

Pettegolezzo, voce mezza detta e mezza lasciata intendere, sguardi d’intesa, sorrisi stretti, sarcasmo, invidia mal nascosta, livore mal celato, mancanza di discrezione.

Dire davanti a un gruppo di parenti quel che di un bambino nessuno dovrebbe sapere; dire di un partner quel che nessuna famiglia dovrebbe sapere. Perché mai, gli altri, dovrebbero sapere di me, di te, se non lo vogliamo?
Maldicenza, malevoli allusioni, dichiarazioni senza fondamento; affermazioni senza esito e senza scopo.

Parlare, parlare, ancora e sempre dire: perché? Sui social network o al bar; tanto per fare.

il silenzio, questo tessuto di mirabile bellezza, è la struttura portante del verbo. Stiamo zitti, allora, se non abbiamo da dire. Evitiamo di offendere. Evitiamo di illudere. Evitiamo di violare. Evitiamo di diffondere: parole false, false notizie, mezze verità, insultanti dicerie.

Applichiamo la sobrietà ai discorsi privi di ragione, cuore e sentimenti.

Pratichiamo una sana ecologia della parola. Perché se in principio è il verbo, alla fine non deve esservi la calunnia.

G. B.