Quanto costa la ricchezza? Quanto il benessere? Che prezzo hanno le nostre opulenze? È possibile coniugare crescita e sostenibilità? Oppure è necessario abbandonare il mito della crescita per avviarsi lungo il sentiero della frugalità?
La ricchezza ha un costo. Mantenere un castello costa più che gestire un appartamento di 70 metri quadri. Possedere una Ferrari costa più che mantenere un’utilitaria convertita a metano. Andare in bici, poi, è ancor più economico: le calorie corporee si rinnovano con un piatto di pasta e fagioli.
Achim Steiner, vice direttore generale dell’Onu e direttore esecutivo dell’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ha recentemente dichiarato: “lo scorso secolo ha visto una rapida trasformazione delle nostre relazioni con il mondo naturale, con un’escalation nell’utilizzo delle risorse. Ora stiamo operando al 40% al di sopra delle disponibilità della Terra. Se la popolazione mondiale e i livelli di consumo continueranno così, l’estrazione annuale delle risorse globali potrebbe triplicare dai livelli del 2000 fino ai 140 miliardi di tonnellate dal 2050”. Possiamo sostenere un simile scenario – evidentemente insostenibile per noi e, ancor prima, per le risorse del Pianeta?
Inoltre, viene da chiedersi: tutta questa nostra ricchezza (o per dire meglio, il sistema che sostiene la produzione di una tale ricchezza) ci ha forse resi più felici, generosi, onesti, pacifici, cordiali, sereni e saggi di chi ha vissuto prima di noi con molti meno sperperi e con non minore coraggio?
G. B.