Ho mangiato il pane; e ho reso grazie. Era fragrante, solido, croccante, soffice; era di grano, d’orzo, di farro e pasta madre.
Ho bevuto l’acqua; e ho reso grazie. Era chiara, fresca, dolce; e io avevo sete; e mi hanno dato da bere mani pulite che io neppure so che faccia avessero.
Ho trovato un riparo: era l’ombra di un platano messo a dimora da mani che io neppure so che faccia abbiano avuto.
Ho trovato una strada; era ampia, dritta pure nei tormenti del suolo; e ho reso grazie alle mani che l’hanno edificata come fosse non una via, bensì una reggia stesa a terra e fatta piatta per traversare in eleganza un mondo sferico.
Ho trovato un libro; ho reso grazie, sì, ho reso grazie a chi ha avuto il coraggio di scriverlo; e a chi ha avuto la fiducia di darlo alle stampe; e a chi ha avuto la volontà di donarlo.
Ho trovato un prato; e ho reso grazie alla Terra.
Ho trovato un bosco; e ho reso grazie alla Terra.
Ho reso grazie alle comete che portarono l’acqua sulla Terra fin quasi dall’inizio dei giorni; e ho reso grazie a Dio e a Natura, così sorridendo (equamente) a chi ha fede e a chi non l’ha.
Ho trovato da ridire; ho trovato da eccepire; ho trovato uno sguardo; ho trovato uno scopo; e non sempre ho saputo rendere grazie.
Ho reso grazie, molte volte; e molte volte non ho saputo ringraziare. Ringrazio chi non ho mai ringraziato con necessaria grazia – ora che potrebbe essere tardi per loro, forse non per me.
Ho trovato che si debba ringraziare; trovo che sia opportuno serbare memoria dei doni dati e di quelli avuti.
Ho perduto molto, negli anni perduti a cercar di trovare qualcosa. Ho trovato che sia stato più utile perdere che cercare, alle volte, se per cercare ho perduto quel che avevo già – e già ero – senza con ciò aver trovato quel che non sono mai stato né mai ho avuto.
Ho trovato che se non si trova quel che non si è trovato si continua (non sempre giustamente) a cercare; e che proprio non cercando, alle volte, lo si trova.
Ho trovato che talvolta non bisogna cercare. Bisogna lasciar stare. Bisogna solo ringraziare. Non importa chi, o cosa, o quando… Bisogna render grazie. Dividere il pane. Dividere l’acqua. Dividere e ascoltare…
G. B.
Forse, si cerca qualcosa se si pensa che possa soddisfare un bisogno o un desiderio. Ora, o si è sbagliato nel ritenere quel “qualcosa” come adatto oppure c’è da ripensare il bisogno/desiserio. Lasciamo stare il discorso sui bisogni primari e sui bisogni indotti, gli altri possono essere culturalmente condizionati (certe volte determinati), cioè fanno riferimento ad una concezione dell’auspicabile relativa alla comunità-società di appartenenza o di riferimento del soggetti. Qui possiamo intervenire se è avvenuta una crisi epistemologica come quella di Amleto, e riprogrammare il nostro software socio-culturale, sia che si tratti della maschera che indossiamo (ruolo sociale), dell’idea che abbiamo di noi o degli altri, dell’idea di noi che ci riflettono gli altri ecc..
E potremmo, quindi, scegliere una diversa visione del mondo, anche quella che ci faccia cercare il “non cercare”…
… forse.
"Mi piace""Mi piace"
Nel dubbio scelgo di agire; addirittura continuo a cercare. Dico di più, cerco perfino a mia insaputa – se è vero che sono dotato di un inconscio il più delle volte attivo nelle cose che non immagino neppure di pensare, volere, fare…
Non cercare è una provocazione. Pone in questione gli assilli ai quali diamo credito (in una accezione propriamente bancaria) a causa di un condizionamento operante degno di un esperimento – nel quale noi siamo le cavie, i cavalli, i cani, gli animali da punire o alleviare con uguale gesto.
Cosa cerchiamo? La felicità? La felicità è dire tutto e nulla; quale felicità? Quella del modello pubblicitario, la strada vuota per il nostro suv, le donne ai nostri piedi, gli uomini sul nostro divano, l’appartamento sistematicamente sistemato, il lavoro d’eccellenza, la posizione, il vertice del successo?
Oppure cerchiamo quella sottile forma di felicità connessa, invariabilmente, all’essere quel che siamo – retoricamente, all’essere se stessi?
Nel primo caso, guardiamoci attorno: periferie sterminate, gente meccanicamente alle prese con lavori odiosi, orari da allevamento intensivo, cibo precotto, affetti stracotti, solitudini crude. Guardiamoci attorno: i nostri vicini, i padri e le madri dei compagni di scuola dei nostri figli, noi stessi alle volte; cosa ne è stato di noi?
Quelli impegnati e culturalmente dotati, così dicono, continuano a frequentare le solite sale cinematografiche e i soliti festival di retroguardia; osservano sgomenti la massa… La massa, che sgomenta davvero, passa domeniche in centri commerciali orripilanti dove tutto è fuori stagione proprio perché è sempre in anticipo. Ovviamente, la massa considera disgraziati gli intellettuali…
La verità è che quasi nessuno può dirsi salvato.
Cercare, in questa temperie, vuol dire assecondare un copione ampiamente diffuso. Sottrarsi, non per avanguardismo sterile o per sussiego, vuol dire sorridere; come fanno quelli che, nel mezzo di una disputa vissuta col sangue alle gote da tutti i contendenti, prendono un po’ le distanze, si bevono un sorso d’acqua e guardano “da fuori” quel che, fino ad un istante prima, li aveva visti impegnati.
Si salvano amicizie, matrimoni, famiglie, paesi e Stati solo smettendola, per una volta, di prendere parte alla commedia.
Il conferenziere che parla di una fame che non conosce – ed è pagato per farlo; il docente universitario che parla di una moralità che non conosce – chiedere alle sue assistenti per averne conferma; il politico che addita orizzonti verso i quali neppure pensa di dirigersi; il prete che condanna i costumi sessuali dei suoi parrocchiani – e che continua a farne di cotte e di crude. Ecco, smettere di cercare vuol dire smettere di appartenere. Per trovare nulla che non sia pulito – proprio in virtù della gratuità con la quale si trova, sempre, l’inatteso, ovvero il perfetto in quanto imperfetto e umano…
Grazie.
G. B.
"Mi piace""Mi piace"
Ho trovato la forza per cercare ancora e ho reso grazie a ciò che di me stessa m’era sconosciuto. Ho trovato la curiosità di scoprire posti e situazioni e possibilità e ho reso grazie all’ imprevedibilità della vita. Ho trovato passione nelle mie mani, nei miei piedi, nella mia voce e nel mio sangue e ho reso grazie al desiderio che sempre la ravviva. Ho trovato Parole da leggere e ho reso grazie, come te, a chi le ha scritte e a chi me ne ha fatto dono. Ho trovato Parole da scrivere e ho reso grazie alla notte e alle stelle e alla nostalgia e all’ euforia che me le hanno dettate. E ho reso grazie all’ alba che mi ha svegliata con la pazienza di quelle Parole che, su coperte piene di sogni, hanno atteso il mio risveglio. Ho trovato nuove strade, nuovi cieli e ho reso grazie ai miei occhi che hanno saputo coglierne la bellezza. Ho trovato il vuoto e ho reso grazie al brivido che ha attraversato il mio corpo quando mi ci son lanciata. Ho trovato il buio e ho reso grazie alla luce di occhi amanti ed amati che non mi hanno abbandonata. Ho trovato buoni motivi per piangere e ho reso grazie alla mia capacità di farlo. Ho trovato buoni motivi per sorridere e ho reso grazie alla mia capacità di farlo. Ho trovato paure e dubbi e turbamenti e ho reso grazie elogiando la follia, la caparbietà e la testardaggine che mi permettono, ogni volta, di uscirne viva. E più forte di prima. Ho trovato le tue parole e ho reso grazie. E ti rendo grazie. Ho trovato. Il nulla, mai.
Perché niente coincide con il nulla se gli si conferisce un senso. Ho trovato un senso, sì. Sempre. E ho trovato che la vera ricerca, è quella che continua. Ancora. E ancora…
"Mi piace""Mi piace"
Hai trovato tutto quello che non hai forzato; lo hai atteso, lo hai compreso, lo hai ascoltato, lo hai coltivato; senza fargli violenza… Questo mi pare.
Grazie.
G. B.
"Mi piace""Mi piace"