Pietas

Pietas per questo neonato corpo elettrico – che grida, si dibatte, scalcia, piange e lotta nella sua rugosa epidermide infantile.

Pietà per questo corpo giovane – alla ricerca dell’innocenza che ha ancora: incolpevole, perplesso, diafano, spaventato, tenace.

Pietà per questo corpo maturo – ancora alla ricerca della forza e della beltà di quelle sculture di eburneo marmo incorrotto che fummo in pubertà.

Pietà per questi corpi che vogliono godere ancora  dell’ambrosia, dei sensi, della giovinezza che si fugge tuttavia nel tempo che non torna.

Pietà per noi, caotici e volitivi, famelici e bramosi, vili e ansiosi e fragili corpi sempre pronti a braccarci, a darci un po’ aiuto e molta pena, solo di rado amore e troppo di frequente reciproco tormento.

Pietas per questo corpo terrestre, per i suoi difetti d’ordine e d’etica, per le millanterie che espone, per le vacuità che esercita, per l’incapacità di perdonare sé e gli altri, per la rabbia che urla nei suoi momenti di più cupo e violento oscurantismo.

Pietà per l’odio che proviamo gli uni verso gli altri, per il nostro non vedere soluzioni dove ci sono ancora dilemmi stimolanti per cuore e testa; pietà per il nostro bisogno di nemici da abbattere e di capri sui quali far cadere la nostra insufficienza.

Pietà per la mancanza di misericordia, e di onestà, che ostinatamente esasperiamo ad ogni parola detta per ferire e non per comprendere o ascoltare o lenire o risolvere o portare amore.

Pietà per noi, da noi e in noi; pietà per i nostri corpi – perché questo siamo.

G. B.

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