Camminare 22

 

Mi rimetto in marcia. Non voglio pensare, non voglio pensare; eppure penso. Non voglio ricordare, non voglio ricordare; eppure ricordo.

Non voglio neppure sentire storie, non voglio ascoltare nessuno, non voglio in alcun modo recriminare.

Voglio solo andare, andare; lasciarmi dietro le cose, lo spazio, gli anni; illusoriamente, dato che ci si lascia alle spalle tutto, comunque, ma lo si porta comunque con sé, e ovunque, già solo per il fatto di volersene distanziare.

Quante parole taglienti, quanti giudizi sciocchi dichiarati con solerte malignità; quanti insulti, quante insulsaggini, quanti piccoli o grandi (indimenticabili) oltraggi voglio dimenticare.

Andare, lasciarmi dietro cose e casi, andare, ecco cosa voglio. Mi rimetto in marcia per questo ma no, mi inganno, non sono affatto sereno. La memoria delle cose è con me, la memoria dei casi, dei fatti, delle sconfitte (di quelle che ho creduto tali); la memoria degli insulti (dai quali non sono mai davvero guarito); la memoria delle insufficienze; ecco, da tutto mi voglio allontanare, camminando lungo questo sentiero terroso, ma tutto è con me; perché l’intero mio tempo mi sostanzia, senza con ciò più impedirmi il passo

Andare, voglio andare; mi rimetto in marcia, vado. Non sento il peso delle scarpe, dello zaino, della maglia (sì, perché tutto ha un peso); sento solo il mio stesso peso. Sento il mio peso.

È che non ci si può allontanare dai ricordi come se fossero incroci, vecchie strade, rovine o  pericoli.

Da bambino, sì, da bambino mi allontanavo col passo agile, e col cuore in gola, dalle cose che temevo; col passo rapido fuggivo i pericoli, i miei pericoli infantili. Crescendo ho continuato a credere di potermi lasciare dietro fatti e distanze. Non accade. Non serve. Non giova. Camminare è per il presente. Tutto è con noi: tutto quel che fummo, tutto quello che non è già più; dunque, noi camminiamo nel solo presente.

Mi rimetto in marcia sapendo che la vecchia ferita oggi è la mia sensibilità più accorta; e che il dolore antico è oggi la mia grazia più delicata. Proverò dolore, ancora, in quei punti offesi, ma sarà diverso. Io sono diverso. Io sono migliore di chi mi ha oltraggiato.

Sappi, viandante, che non potrai prendere distanza dal tempo se non nel tempo: sarà come confermare quel che vorrai omettere.

Tanto vale che tu cammini; semplicemente, è l’unica cosa da fare. Porta con te dei semi; potresti donarne a chi troverai sulla strada; se per caso incontrassi uno dei tuoi malevoli detrattori, donagli un seme. Con uno solo dei tuoi semi potresti redimere il tuo tempo offeso e il suo tempo perduto a offendere.

Giovanni Bongo

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