Plastisfera

 

La plastica, sotto la specie del rifiuto aggregato (gelatinoso, massificato, galleggiante) è diventata una nuova e imprevista nicchia ecologica planetaria?

La plastica, alla quale la Società si è già adattata da decenni, è una seconda natura per il Pianeta denaturato?

La plastica, oggi, in quantità incalcolabili sta occludendo gli oceani, formando isole continentali collose e mobili, viscose e stabili: una ulteriore minaccia per l’ecologia marina e, più in generale, per l’intero equilibrio ecologico planetario.

La plastica è (plasticamente?) molte cose: epoca, era, stile, modus operandi, forma del pensiero, archetipo industriale, modello estetico, visione del mondo, semantica – non più solo un materiale, dunque, ma una forma, una “gestalt”, una vera e propria dimensione della civiltà; alludiamo, qui, alla civiltà che su di essa è stata edificata.

Abbiamo avuto un’età della pietra e un’età del ferro; questa è, dunque, l’età della plastica.

La plastica ha trasmutato i nostri modi di fare e di pensare; e se è vero che è dal fare che il pensare trae, sovente, giustificazione ideologica, siamo finiti col pensare in modo plastificante: ideologia dell’artefatto eletta a morale.

La plastica: negli innocenti, e non del tutto incolpevoli, anni ’50, contadini mal istruiti e borghesi arricchiti abbandonarono orci in terracotta, piatti in ceramica, bicchieri di vetro, mobili di legno, per accogliere in casa bacinelle in plastica blu, stoviglie di plastica trasparente, mobilio (orribile) in plastica bianca. La TV mostrava casalinghe soddisfatte dai nuovi, versatili, oggetti in plastica; erano gli anni del dominio americano; l’America dettava i dettami; il petrolio era la moneta globale, misura di ogni moneta locale: petrodollari.

Nel volgere di pochi decenni, dalle buste in plastica per la spesa alle bottigliette di plastica per l’acqua diuretica (sic), il passo è stato breve. Il nostro è diventato un mondo di plastica; il nostro immaginario si è plastificato; non riusciamo a fare a meno di un solo oggetto totalmente privo di parti in plastica; senza plastica non è neppure pensabile vivere.

Plastica, in fin dei conti, vuole dire petrolio: questo connubio “coessenziale” è anche decisivo per comprendere la dimensione politologica, strategica ed economia della plastica.

Usata senza scrupoli, quasi indecorosamente, da miliardi di individui, è spesso mal gestita nella sua effimera “vita commerciale”; ed è altrettanto spesso mal riciclata, non tanto (e non solo) nella ricca Europa, ma più di frequente nei Paesi in via di Sviluppo. I paesi in via di sviluppo sono quelli che tentiamo di colonizzare, da decenni, utilizzando questa insignificante formula semi giuridica e semi antropologica (in via di sviluppo) in modo involontariamente ironico: è la stessa formula che definisce lo stato ideale di molti popoli a partire da quel che per noi, i civili occidentali, deve essere il divenire universale: fatto a nostra immagine.

Usata male, la plastica sta assumendo, come informe forma di scarto marginale, vita autonoma dalla vita vera e propria; vita che parla delle nostre vite spese a consumare.

La plastica è, infine, una minaccia al nostro ecosistema planetario.

Ogni anno “finiscono” in mare circa 8 milioni di tonnellate di plastica.

Dall’anno 1964, la produzione mondiale di plastica è aumentata di venti volte; rischiando di quadruplicare entro il 2050. Per quella data, il 20 per cento del petrolio estratto nel mondo sarà utilizzato esclusivamente al fine di produrre altra plastica.

A livello mondiale, meno del 5% della plastica viene riciclato; finisce in discarica il 40% per cento circa e il resto, circa un terzo, “termina” nell’ambiente: terra, mari, fiumi, oceani.

La plastica oceanica è inerte, priva di vita al suo interno, totalmente inospitale e inorganica, pericolosa per le specie acquatiche e per gli uccelli marini; o è anche un habitat?

Gli scienziati parlano, ormai, di plastisfera, con riferimento alle immense (sotto certi aspetti “aliene”) colonie batteriche che stanno popolando gli smisurati continenti di plastica galleggianti nei mari e negli oceani del Pianeta.

Dunque, la plastica sta diventando un nuovo luogo biologico? Sì, purtroppo. La Natura provvederà senza dubbio a sé stessa, per il suo fluire e di là dal nostro bene.

Quel che rende alieno l’uomo al mondo, oggi, renderà presto alieno il mondo all’uomo!

Giovanni Bongo

 

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