Camminare con passo lento, alzare gli occhi, di quando in quando sostare nei pressi di una siepe.
Sedere su di un sasso largo, oppure accomodarsi su panchine lasciate a prendere età nel tempo delle piogge assorbite da ferri infine spugnosi.
Scrutare, tra le larghe fronde, frammenti di nuvole sparse come casi della materia; casi sparsi a caso, soltanto in apparenza.
Udire il canto di uccelli irriconoscibili e il ronzio di rapidi insetti danzanti.
Soprattutto, i giardini sono gentili, non giudicano, non insultano, non ledono, non assillano. I giardini parlano con fare gentile oppure tacciono discreti, lasciandoci la possibilità di pensare senza pesare.
I giardini sono le migliori compagnie possibili, quando siamo soli; oppure quando siamo in compagnia di compagni tormentosi.
Nei giardini il vecchio è men solo, il bambino è meno schernito, lo studente è più audace, il professore può allentare la cravatta e la presa sulla pretesa di essere infallibile. I cani, i piccioni, gli animali incresciosi altrove, trovano ristoro e umana complicità nei giardini.
Nel giardino l’umanità respira, risiede, si radica gradita a sé stessa e sboccia.
Meritiamo un giardino, specie quello che sapremo curare.
G. B.