Resistenza

Resistiamo in ciò che salva la parola; in ciò che ha cura per il fragile; nel dialogo.

Resistiamo se ammettiamo eccezioni, se non annettiamo il diverso – rendendolo (a forza) uguale col pretesto dell’uguaglianza che annienta la varietà.

Resistiamo in ciò che preserva un albero, un volto, una storia, un no.

Resistiamo se coltiviamo giardini e se li apriamo a bambini liberi di giocare e di parlare.

Resistiamo nel ricordo di chi ci ha consegnato una biblioteca, una piazza, la Costituzione.

Resistiamo nella tutela di un borgo, del mare, delle valli e dei monti; resistiamo nella memoria di chi ha sofferto per la Libertà senza richiederci altro se non di onorare la Libertà.

Resistiamo in ciò che è magnanimo, generoso, disponibile, tenace senza crudeltà, forte senza rabbia, onesto.

Resistiamo se non cediamo alla vendetta e all’odio; e se non dimentichiamo chi ha odiato per non nutrirci del suo stesso odio.

Resistiamo se siamo semplici, generosi, frugali.

Resistiamo se resistiamo all’indifferenza.

Giovanni Bongo

Quando

Quando mi parve di non poter chiudere gli occhi senza di lei; e in seguito me ne feci una ragione.

Quando mi parve di non poter respirare senza di lui; e in seguito me ne feci una ragione.

Quando, giovane, non facevo che desiderare di farmi uomo. Quando, crescendo, ho cominciato a rimpiangere la giovinezza.

Quando, finalmente, dormendo al tuo fianco ho timore di questo tempo che fugge per un motivo presente e ragionevole.

A ciò somma gli affanni, vani, di ogni giorno: quello di cui vivono, come parassiti certosini, accumulatori di carte, giudici vani, custodi di elenchi senza senso, legislatori senza costrutto.

Tanto affanno, tante prove, ricerca di danaro, selezioni senza scopo, ricerca di fama senza gloria e di gloria senza ragioni. Tutto questo, per cosa?

Intanto, il Sasso Azzurro sul quale tanto ci affanniamo continua a ruotare attorno all’asse suo, inclinato, e attorno al sole – o per dire meglio attorno al fulcro di un incalcolabile spazio.

E io naufrago volentieri in questo mare, con te; mentre mi chiedi perché siamo sulla Terra e io temo il tempo che va – in questo immenso e radioso e benefico vivere, che abbiamo reso simile a battaglia quando più volentieri avremmo potuto renderlo danza.

G. B. 

Il mio volere

 

“Compagno di scuola, compagno di niente
ti sei salvato dal fumo delle barricate?
Compagno di scuola, compagno per niente
ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”

Antonello Venditti

Il tizio punta-tacco-punta, doccia di 10 minuti, caffè, di corsa in centro, devo lavorare, al sud beati loro, ma poi che mi importa di votare, a luglio una settimana a Milano Marittima, poi a Gallipoli, un po’ di sballo, coca e ricci crudi, la figa, coca e ricci crudi, figa, c’ho il suv.

La tipa tacco-punta-tacco, io mangio solo bio e vado ogni settimana da Eataly, col suv bianco, che poi c’ho l’aperitivo non sai che localino nuovo esclusivo al centro, sai, dietro la stazione di Milano-Bologna, un’ora di alta velocità, che poi gli ambientalisti, che poi al sud, che poi a che serve, ieri siamo stati ai laghi, che bella giornata, e pensare che il 17 porta sfiga; figa.

Il meridionale stanco, che voto a fare, lassa perdere, il quorum non batte abbastanza, sono tutti ladri, non voto più, tanto fanno come gli pare.

Il Premier che prima rottamava, poi ora trivellava, poi ora spiegava (anche in inglese): saranno felici gli “operai” e i loro padroni; certo, saranno felici gli ingegneri e i loro padroni; saranno felici i padroni e i loro Padroni.

Il Presidente Emerito, con viva e vibrante occultazione delle virtù della democrazia, che fa le pulci al testo, al contesto, al consiglio, al bisbiglio.

La verità?

La sinistra è morente, da tempo, lunga agonia senza pianto; però i compagni non lo danno a vedere, proprio come quelli che tenevano in vita i leader imbalsamati per il Popolo e per la Rivoluzione.

La democrazia è messa male: serva del Potere Economico Universale. Il problema è questo: dagli Stati Uniti all’Italia, da Berlino a Parigi; la democrazia sta morendo.

Chi parla di Rivoluzione dovrebbe studiare astrofisica: l’unica rivoluzione è quella del moto dei pianeti, che infatti ripassano sempre dal punto lasciato qualche tempo prima.

Ora è tempo di rivoltare le zolle, come facciamo noi che zappiamo tra un libro e l’altro, una lettura e l’altra, una poesia e l’altra, una visione e l’altra.

Mi sento migliore di chi non ha votato? Sì, in effetti sì. Senza presunzione, no, senza presunzione, no, mi sento meglio, e forse migliore, Sì.

Al seggio, che per caso ho frequentato in veste di scrutatore e per volontà in veste di elettore, ho passato ore di serie osservazioni, battute irriverenti, cinismo di sopravvivenza, ironia necessaria; e molta umanità con caraffe di caffè e crostate fatte in casa.

Ho ammirato l’umanità col passo forte e lento dei nonni contadini di un piccolo paese del Sud Salento nati l’anno 1928; ho ammirato l’umanità ben vestita e sorridente delle nonne venute con le stampelle, prima e dopo di andare a messa: nonne e nonni venuti a votare per amore e dignità. Credevano, crediamo, credevamo.

Ho votato per i figli, ho fatto il mio volere – altro che dovere: Volere!

Povera patria a pezzi. Altro che referendum. Era in gioco il plebiscito negativo (i negativi di foto fatte ovunque) per un leader mai votato di una sinistra-centro-destra mai tanto deprimente in una democrazia mai tanto depressa.

Aveva ragione Pasolini, neppure il fascismo era arrivato ad ottenere una simile obbedienza. Dopo il prossimo spot l’analisi del voto… Della passione non v’è traccia. I nostri sponsor trivellano e vanno in automobile su strade vuote per modelli e modelle di cartone.

Giovanni Bongo

Fare piano

Fare piano è fare bene: come germoglio che sale, come ascoltare bambini che parlano lenti, scegliendo le parole giuste e le parole da cercare, non ancora trovate, da trovare; fare piano è parlare piano, basso e lentamente, così da farsi largo facendosi tempo e spazio, modesti.

Fare piano è il contrario di fare “presto e bene, tutto e subito” – il contrario dei codici del consumo obbligatorio al banco.

Fare piano è fare come ognuno sa e può fare; senza fretta, con vasta profondità, consapevoli e saggi; in fondo con amore.

Giovanni Bongo

Il Broglio dell’Astensione

Lo dico senza alcuna intenzione polemica; né mi piace apparire insistente.

Sono piuttosto Loro, che insistono: emeriti in pensione, ex presidenti, ex votanti, ex appartenenti, governatori senza dubbi di coscienza, rottamatori senza lamiere da rattoppare, amici di amici, ministri influenzabili (come da me già scritto), sofisti senza filosofia, vecchie glorie del parlamento e nuove star della truffa.

Essi insistono nel dire che votare è un diritto prima che un dovere, che astenersi per invalidare le ragioni di un quesito referendario considerato discutibile (o superfluo) è cosa legittima: et cetera…

Ebbene, cari Voi, io invece dico che bisogna votare. Dico di più: Vado Voto Vinco.

Chi è contrario (legittimamente) può votare No. Chi è favorevole, legittimamente e (a parer mio) giustamente, può (e deve) votare Sì. Bisogna, però, votare.

Poi, cari emeriti, ex votanti, pensionati eterni, senatori a vita e rottamatori senza lamiere, vi rendete conto della gaffe istituzionale, costituzionale, etica e sostanziale?

Come potete dire, proprio quest’anno e a poche settimane dall’anniversario del Referendum dal quale presero corpo i vostri destini istituzionali attuali e i vostri lauti stipendi parlamentari, che al referendum si può non andare?

Vi dice nulla la data del 2 giugno dell’anno 1946?

Ricordate? Avete studiato? Siete preparati?

Stato, Italia. Data, 2 giugno dell’anno 1946. Candidati? Repubblica vs. Monarchia.

Voti? Per la Repubblica, 12.717.923 pari al 54,3%. Per la Monarchia, 10.719.284 pari al 45,7%.

Andate a votare. Grati a chi, scegliendo ormai 70 anni fa, scelse per Noi!

Giovanni Bongo

Allegramente…

 

Mancano pochi giorni. E si sa, i giorni volano. Come nei ricordi stesi sul letto con noi. Come negli occhi aperti su soffitti viola. I giorni volano, sì, ed è dolce, com’è amaro, il ricordo delle cose.

Dunque, senza accidia ma, semmai, col sorriso e la risolutezza spigliata di chi non ha da perdere se non il tempo che ha, domenica prossima, tra pochi giorni (e i giorni, si sa, volano) andiamo serenamente a votare.

Andiamoci coi figli, con le mogli, coi mariti e i conviventi; andiamo con gli amici e le amiche. Andiamoci sorridenti, a piedi, in bicicletta. Sì, a piedi e in bicicletta, senza petrolio a dire di no all’estrazione di petrolio dal mare.

Andiamo a piedi, saranno quattro passi o forse otto, ci farà solo del bene. Andiamoci a qualsiasi ora, magari prima di andare al mare (al mare, sì, ma dopo aver votato per il mare) o prima della messa o prima del cinema o prima del caffè.

Andiamo a votare, allegramente, e facciamo questo nostro dovere: stavolta con la certezza di stabilire un principio di speranza.

Se c’è cosa che vola, assieme ai giorni, è la speranza. Eppure speriamo: che l’umanità diventi savia, che i padri pensino davvero al futuro dei figli e che le madri pensino davvero alla salute delle figlie.

Andiamo a votare, allegramente, col passo sereno di chi va a fare cosa giusta.

Mancano pochi giorni, parliamone con gli altri, al bar e a scuola, a tavola e in fila alle poste. Diciamo che esistono mille buone ragioni per dire di sì; poche, forse, per dire di no; nessuna, per non dire nulla…

Giovanni Bongo