La notte fa chiarezza – nella riflessione. Un istante prima di dormire, il giovane immagina. Il futuro è il suo regno. Egli è, o crede d’essere, forte abbastanza da dimenticare i danni già patiti. Egli è innocente, a tratti vanesio: trascina le stelle con gli occhi.
Un istante prima di dormire, il maturo ricorda. Il suo regno è il passato, un dominio di credenze dissolte, di rimpianti acidi, di pietre senza radici; è stato il suo stesso essere irredento.
Un istante prima di dormire, il vecchio non ricorda: è tutto, solo, nel suo corpo esausto, inessenziale, nudo come alla nascita ma pronto al dubbio immenso del cosmo.
Vivere? Dal primo istante è lotta, richiesta, furto, volontà; si ha subito fame d’aria, dopo aver riposato in acqua; si è subito un tumulto d’essere che non sempre riesce a esistere; si caccia, si brama, si desidera.
Crescendo si impara la solitudine. Desiderare, ecco il verbo della carne che vive. Desiderare tutto, il contrario,ancora l’opposto e infine niente di quel che si è avuto.
Il nostro tumulto elettrico, il caos,l’esibizione, la ricerca sono necessari quanto il caso.
Peccato non è peccare, peccato è non comprendere, dopo millenni, che la nostra condizione è questa ed è di tutti noi. Dunque pietà, per tutti.
La Natura è, in noi, la ragione del nostro distacco dalla Terra. Cosa possiamo fare, dunque, per accrescere la gioia? Stare gli uni con gli altri in pace. Amarci. Donare. Preservare.
Tutti vogliamo vivere e respirare; i nostri corpi sussultano, le nostre dita bramano, le nostre bocche ansimano, siamo transeunti – e vogliamo ridere.
Vogliono ridere i fuggiaschi, i diseredati; vogliono vita i bimbi; vogliono vivere i corpi in cerca di pane e quelli in fuga dalla pena di non essere liberi.
Occorre un’etica della vita, certo, ma che valga per tutti, che sia pietosa, non astratta, non spietata; che sia buona. Siamo fragili nella nostra patetica volontà di potenza – e di esistenza.
Non siamo nati per vincere, ecco tutto; siamo nati per vivere.
G. B.