Affermiamo, disinvolti e morali, che la vita non ha prezzo. Ipocriti, invece, ché diamo continuamente un prezzo a tutto, alle cose, agli esseri. Il prezzo degli uomini? Quanto guadagnano, quanto reddito producono? Il prezzo delle donne? Lavorano o fanno, solo, le casalinghe? Domande inique.
“L’ideologia del Potere si riproduce (…) per partenogenesi sociale. Ogni individuo la moltiplica senza doversi necessariamente associare ad alcuno (…) Comprare per bisogno o per noia, per disperazione o per gioia. Comprare, consumare, buttare via“.
Il prezzo è la dannazione del valore. Il danaro, che compra tutto quel che è in vendita, (tutto è in vendita?) corrompe il valore.
Possedere: crediamo che là stia la grazia. “Corpi obbedienti comprano acqua che fa dimagrire, biscotti che combattono la stipsi, bibite che rendono amabili“.
Parliamo, in primo luogo e soltanto, di ricchezza e di possesso, di profumo colore forma dei soldi: sinestesia della mercificazione.
Il nostro mondo è merce marcescente. L’uomo è merce tra le merci: non solo organi o pseudo-emancipazione consumistica da eredi (immiseriti) del ’68; ma reperibilità (e disponibilità ad agire, comprando e consumando) ad ogni ora del giorno che verrà.
Ma possiamo ancora sottrarci, “abbiamo (…) necessità di disobbedire a un tale ordine del mondo. Dobbiamo tornare a reclamare autonomia“! Come? Con poco, di meno in meglio!
G. B.