Le parole fanno le cose. Le chiamano. Le suscitano. Le portano alla luce di un’evidenza sempre cangiante. Tante (le) parole, tanti (i) mondi.
Dunque, rispetta le parole. Coltiva le parole. Penetra i loro segreti ma non forzare la loro essenza. Rispetta il loro mistero. Onora il loro limite e il loro interno silenzio.
Quando provi rabbia e malizia non chiamarle subito con il nome che hanno. Soppesa le parole che potresti usare e considera il male che potrebbero fare.
Non sfogare la rabbia e non trattenere la malizia senza aver compreso cosa abbiano da dire. Non farti vincere e non reprimerti. Attraversa il mare dei tuoi sentimenti e dona loro parole nuove. Liberati, così, del tuo veleno indicibile.
G. B.
Bisognerebbe prestare attenzione anche ai silenzi. Sono passibili di equivoci, di fraintendimenti proprio perché si offrono, forse più delle parole, ad una libera interpretazione. I silenzi non chiamano le cose ma le confermano, le negano, le mettono in discussione.
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I silenzi, alle volte, sono solo discorsi stanchi, mancanze a essere, piccoli ostacoli tra il punto e il tempo, la materia e la possibilità. Alle volte, vanno lasciati essere: così, dai silenzi, tornano le parole, più fresche e nuove. Grazie.
G. B.
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