Sul padre

Sudi sul mio petto. Corpo su corpo. Materia della mia materia, che un giorno non sarà.

Sudi su di me, tuo padre. Respiri sulla mia dedizione, sogni sul mio desiderio di non perdere neppure un istante di tutti i tuoi istanti.

Vorrei esserci sempre. Non potrò. Non ci sarò per sempre, né sarò ovunque tu sarai. Sarò dove mi ricorderai, in te e per te: parte di un ricordo, parte di te ma senza dominio.

Sudi sul mio petto. Confidi in me. Ti vedo crescere e assisto alla tua meraviglia. Provo meraviglia, so che un giorno mi mancherai come il respiro che perderò a saperti lontano. So che ti ricorderò così come sei ora: fragile forte virgulto tenerissimo, respiro del mio respiro, parte di me, indivisibile astro di cui conto, forse conosco, gli atomi infiniti.

T’amo più di me stesso. Ti amo come non mi è mai riuscito di amarmi: perché non ti giudico; perché non ti tormento; perché credo in te e con te mantengo la parola; perché sono convinto della tua Bellezza. Ecco, su tuo padre sei mio figlio e io sono io come non sono mai stato.

G. B.

I danni

Vieni. Siediti. Stai al mio fianco per un po’. Ascoltami come io ti ascolto. Ho bisogno di parlarti; e che tu mi parli. Ho bisogno di dire; e che anche tu dica. Guardami. Offrimi gli occhi. Ora so. Ora io so. E non posso rimediare. Non posso tornare ai luoghi e ai tempi che ho attraversato. Ora ho chiaro il valore delle parole, delle opere, delle omissioni. Ora so che non tutto è perduto, anche quando è perso. So che quel che ho perso è nelle cose che trovo ogni giorno.

Forse non avrò mai la pace che cerco. Ma non dispero di poter trovare la pace che non trovo. Siedi con me. Siedi su questa vecchia panchina fatta di ferro e ruggine; fatta di tempo. Siedi con me in questo giardino, modesto, che profuma di sera, di opere, di omissioni; di tramonti estivi, lievi e lieti. Lascia stare i rimproveri. Stai al mio fianco. Ascolta il mio respiro. Cerca di comprendere. Non vedi che ho paura? Prova a metterti nei miei panni. E poi, prova a metterti nei miei danni.

G. B.