Pianto un silenzio. Mi siedo ai suoi piedi. Lo lascio crescere. Alla sua ombra siederò ancora, colmo di quiete o di stupore, incerto o grato.
Pianto un silenzio. Alla sua ombra ricorderò le parole dette invano, dette per dire, dette per ferire: dette senza grazia.
Vorrei perdonare l’imperdonabile dopo averne chiarito l’origine. Potrei non esserne capace. Dunque, pianto un silenzio per questo.
Vorrei comprendere i misteri miseri: come sia possibile essere doppi, tripli, ambigui, cocciutamente pettegoli; come sia possibile essere incapaci d’essere come si dice d’essere: fuori e dentro un’unica cosa coerente, né false maschere né anime fosche; come sia possibile peggiorare, non migliorare, con l’età; come sia possibile dare tormento invece che conforto; anche per questo, pianto un silenzio.
Pianto un silenzio, chiarissimo, per chi non ha più nulla da dare, da dire, da offrire; eppure continua a promettere e a giurare chissà cosa.
Pianto un silenzio per gli ipocriti, per i millantatori, per chi finge di essere amico, per chi blandisce mentre, alle spalle, ingiuria.
Pianto un silenzio per chi stenta a parlare, ne ha paura, ne ha bisogno e non trova ascolto, pane, pace.
Pianto un silenzio. Entro nel silenzio. Ascolto nel silenzio. Mi rimetto in Cammino – nel silenzio.
G. B.