La coscienza delle cose

Improvvisamente – la coscienza delle cose, le domande, i misteri.

Le domande? Sugli oscuri meccanismi della fama, sugli opachi modi della gloria, sulle fortune inconcepibili e sulle sfortune immeritate, sulle altezze e sulle miserie umane. E ancora, in un bagliore, il senso della fragilità, la perplessità al giusto posto, il bisogno di levità, la fuga al cospetto della bruta durezza del mondo. Qual è il senso di tutto, qual è il senso? Chi sono, cosa sono, chi ascolta?

I misteri, poi, sono intorno alle medesime domande. Con in più la questione inevasa: il Tempo. E il nostro umano affanno per poco, alle volte; per nulla, spesso.

La coscienza delle cose? Il sé, per cominciare; poi, a seguire, il ricordo esatto, la memoria chiara, la parola adatta, la precisa cognizione dei fatti; i silenzi generosi, le delusioni palesi, le delucidazioni opportune; la delicatezza sussurrata, la piena e consapevole osservazione delle circostanze, la responsabilità verso di sé e verso il mondo; il sì che è un sì e il no che è un no; la cura di sé, l’accuratezza nel dire, l’attenzione nel fare.

Ecco, il sentiero sfocia, il sole appare, l’orizzonte pulito solleva l’animo, il mare indaco rasserena; non voler parlare per un giorno o per un anno; desiderare una fuga, una casa in un borgo o tra i boschi, un fuoco acceso (mentre fuori piove e chi ami è al tuo fianco). Ecco, la necessità di riposare, di sprofondare in una vecchia poltrona con un libro tra le dita e se stessi in grembo; il desiderio di dormire, di sognare dolcemente, di non doversi più preoccupare (delle stoltezze) o difendere (dagli idioti); la serenità.

Improvvisamente – la voglia di assistere alla semplice concretezza del mondo, all’ovvio riconoscimento dei talenti, allo sbocciare di sentimenti onesti e mai ambigui, al fiorire di condivisi equilibri planetari e di dolci armonie tra gli esseri. Improvvisamente, la letizia d’esserci – nel tempo fermo di una pienezza serena. Nella piena coscienza delle cose.

Giovanni Bongo