In mare

Ho mani, mani. E ho piedi, piedi. E occhi, occhi. E ho pelle. Ho capelli. Ho sogni. Ti ho accarezzato i capelli, ieri, amore mio. Mi hai preso le mani, solo ieri, piccolo mio.

Dovevo ancora fare, fare, fare. Dovevo fare con le mani e i piedi. Dovevo guardare. Dovevo camminare, scrivere, parlare. Sì, dovevo parlare. Perché ho bocca. E ho pensieri.

Con la bocca volevo ancora mangiare, sì, mangiare e bere. Volevo baciare, ancora tante volte baciare. Fare con tutto il corpo, tutto intero, quello che si può e non si può dire.

Stavamo insieme, parlando. Stavamo insieme, litigando, scherzando. Stavamo insieme sul barcone. Stavano insieme al concerto. Stavano insieme in preghiera. Eravamo ovunque: chi in piazza, chi in teatro, chi nella moschea; chi in viaggio, in disperato viaggio.

Volevo dire che non importa quanto, forse non importa; ma speravo tanto di vivere; e ancora vivere. Volevo vivere, volevano vivere; lasciare vivere; aiutare a vivere.

Qualcuno ha deciso di non farci vivere, di non farmi vivere. Ho avuto freddo. Ho sentito fredde le mani, i piedi, gli occhi; ho sentito il peso lieve del sangue; e le scarpe, strette ai piedi; i pantaloni pieni d’acqua, nel mare grande e freddo; l’orologio al polso, inutile come il tempo perduto. Non posso più dirvi com’era bello scrutare il mare dalla spiaggia, vedere i monti dalla strada, guardare il sole dal villaggio. Com’era bello ridere, desiderare, amare.

Volevo dire che ognuno dovrebbe vivere finché può. Non me lo hanno fatto dire. C’è chi mi ha fermato al confine immaginario di un mondo inesatto, in pieno mare. C’è chi si è fatto esplodere al confine immaginario di un paradiso tetro.

Volevo dire che avevo mani, bocca, pensieri. Volevo dire che non si spara, non si uccide, non ci si uccide. Volevo dire basta, abbiate pietà: guardate in strada, guardate in mare.

G. B.

Ipermercato

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Vita da polli con mutuo per la gabbia fino alla fine dei tempi. Smog. Polveri sottili & poveri sottili: dall’aperitivo alla fame – alla stessa ora in diretta. Alta pressione sulle città. Pressione alta nelle città. Insonnia & Siccità. Bombe d’acqua & Terroristi. Affaristi & Sorrisi d’ordinanza. Scuola & Impresa. Fibra ottica. Effetto ottico. Comprare & Consumare: panettoni a novembre, feste distorte, palestre, doposcuola, dopocena, aperitivi, sesso a rate & auto in contanti.

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A fine mese altro giro e altra tassa sui rifiuti. Da produrre per innalzare la quota di raccolta differenziata. Per mostrarsi virtuosi. Nel Sistema che uccide Oceani ma incrementa il premio.

Notiziari & Dibattiti. Su nuovi fascismi e vecchi produttori sessuali col vizio del cinema. Ecco la catena di montaggio di palloni, jeans, caramelle e aria tossica.

Puoi dire di No!

G. B.

 

Rosa tra i sassi

Hai della terra? Coltivala. Non ne hai? Coltiva lo stesso. Bisogna coltivare tutta la terra possibile: quella che c’è, non quella che si possiede.

Coltiva vasi, vasetti, barattoli in latta e zolle residue. Coltiva in verticale, in orizzontale, in pieno campo e nei fossi. Coltiva ovunque, dove c’è humus e dove c’è più roccia che argilla. Pianta. Semina. Zappa. Tieni caro il basilico, cura la menta. Cimentati con i peperoni e con i limoni. Alleva ciliegi.

Non vergognarti di chiedere terra. Riunisci gli amici e i cari. Progetta giardini imprevisti.

Comincia da qualche bulbo e pianta talee. Avrai un boschetto, un giorno, nel quale star fresco e star bene. Coltiva, dunque: allevierai depressioni e rabbie; o ti parranno naturali tempeste tra i rami.

Ricorda sempre la compagnia e il coraggio: come i nasturzi, felici tra i pomodori, e le api, che non minacciano ma fanno fiorire il mondo.

Coltiva tutta la terra che puoi ma lasciane sempre un pezzo com’è, selvaggiamente arruffato. Infine, quando sarai stanco, siedi ai piedi di un albero, bevi dell’acqua, prendi un respiro e guarda la rosa tra i sassi. Ecco cos’è il tuo tempo: foglie mosse da venti invisibili.

G. B.

Ecco tutto

Un istante prima. Un istante dopo. Se solo fossi arrivato un istante prima. Se solo fossi giunta un istante dopo. Perché a me? Perché non a me? Non lo merito. Lo meritavo io, altro che. Non è giusto. Sarebbe stato più giusto. Possibile che ce l’abbia fatta? Possibile che non ce l’abbia fatta? Perché non l’ho detto? Perché l’ho detto? Perché non l’ho fatto? Perché l’ho fatto? E ora? E adesso? E ieri? E domani?

Ora guardati. Ammirati. Ama chi sei. Non quello che ti è successo. Ama solo chi sei. Entra nello sguardo che hai. Non fingere, non puoi, non devi più farlo: che tu sia deluso, affranta, triste, rammaricato, lava il viso con acqua fredda. Mangia un frutto. Bevi un caffè, ma che sia amaro e forte. Vestiti. Piove? Non importa, ti coprirai. C’è un bel cielo limpido? Ottimo, è ancora più semplice. Esci. Cammina e resta in silenzio: hai giudicato abbastanza, fino ad oggi.

Raggiungi un bosco, il mare, un albero solo, una rosa solitaria, un colle, un muro scrostato, una radura, un posto in cui non ci sia altro che la semplice vita; la vita: elementare, pulita, senza richieste, senza domande, bella. Fai un bel respiro. Carezza l’erba. Metti i piedi in acqua. Sorridi coi bimbi. Contempla i vecchi. Alza gli occhi al cielo. Guardati attorno. Sii semplice.

Ecco tutto.

G. B.