Giorno dopo giorno

Dici Io, ma sei sicuro di sapere chi sei? Dicono Tu, ma sei certo che ti vedano, ti comprendano, ti ascoltino? Chi sei, dunque? Chi conosce chi sei? Chi ascolta i tuoi sogni? Chi sente la tua parola, chi percepisce i tuoi gesti? Curi i tuoi desideri? Intendi, tu stesso, i tuoi interessi, i tuoi talenti, le tue aspirazioni? Gli altri, cosa fanno con te?

Dipende da te, ti viene detto, se il tuo destino è diverso dal tuo volere! Ed è vero, ma chi lo dice omette di riconoscere che il nostro destino dipende anche dai nostri simili: cosa ci hanno permesso di diventare, cosa ci permettono di esprimere?

Sicché, giorno dopo giorno, diventiamo chi siamo alla sola condizione di esistere per qualcuno; ed esistiamo per qualcuno solo alla condizione di esistere per noi stessi e di essere compresi nella nostra più profonda essenza.

Se abbiamo dei buoni propositi per l’anno incipiente dobbiamo custodirli in silenzio. Contano meno delle domande che quasi nessuno pone più ai suoi simili: cosa desideri? Sei felice? Cosa ti manca? Chi sono io per te? Ti comprendo? Ti senti compreso da me? Consideri la mia essenza? Offri spazio al mio essere? Offro spazio al tuo essere? Che io sono, con te?

Chi siamo, gli uni per gli altri?

G. B.

 

Con cura

Siediti al suo fianco, osserva il volto: proverai tenerezza. Percepisci la fragilità dei suoi propositi? Intuisci i suoi timori? Senti la sua fatica? Apprezzi i suoi sforzi, la sua onestà, il suo valore? Puoi perdonare le sue parole fuori misura, i suoi errori in buona fede, la sua ingenuità?

Amalo, amala, com’è. Con tenacia. Distintamente. Con rispetto. Amare significa scegliere di farlo. Le grandi passioni sfioriscono, ma l’amore che ama è amore: coraggio, fierezza, giustizia.

Sii grato, sii grata. Usa parole accurate. Porgile un dono, offrigli un pegno: nulla di grandioso ed evanescente, semmai un concreto segno di presenza.

Sii riconoscente: per gli attimi vissuti insieme, per il caso che ha governato (governerà) le vostre vite, per i ricordi che vi accomunano e per le scelte che vi separano, per le parole che vi salveranno e per i silenzi che, probabilmente, vi hanno già salvati; per il fatto di coesistere.

Ricorda: ogni giorno è con te soltanto chi è con te ogni giorno. Dunque, ama con cura.

G. B.

Ridurre

Ridurre gli averi – non rendono ricchi. Ridurre la colpa – non rende giusti. Ridurre il giudizio – non rende saggi. Ridurre lo sperpero – non indica forza.  Ridurre i pretesti – non mostrano volontà. Ridurre le ambizioni – la grandezza è semplice. Ridurre le maldicenze – le buone parole sono essenziali. Ridurre i lussi – l’ostentazione è iniqua. Ridurre l’agenda – il tempo non si misura, si vive. Ridurre le distrazioni – godendo degli istanti che uniscono agli altri. Ridurre il sarcasmo – non è allegro, ferisce. Ridurre le vanità – sono vane. Ridurre le ipocrisie, le menzogne, le accuse, ogni azione indegna di dignità. Il tuo verbo sia ridurre: infinito, imperfetto, umano!

G. B.

Intifada

Spirano venti immortali

da terre franche –

isole di calce

e metilene.

Altrove soffiano

brezze di bosco

su gravine fonde

e borghi pastello.

Eppure siamo sassi

senza durezza

né peso.

Siamo sassi

senz’odio

né innocenza.

Siamo sassi lanciati

contro orizzonti

muti.

Giovanni Bongo

(da Poesie della Terra, Ed Insieme, 2004)

Plastificazione

La plastica sta soffocando gli Oceani e i Mari del Mondo. Forma isole vastissime e collose, gelatinose, asfittiche. Minaccia l’ecologia marina e l’intero equilibrio ecologico planetario.

La plastica è (plasticamente?) molte cose: epoca, stile, modus operandi, forma del pensiero, archetipo industriale, modello estetico, visione del mondo – non più solo un materiale, dunque, ma una forma monodimensionale della civiltà dei consumi. Abbiamo avuto un’età della pietra e un’età del ferro; questa è l’età della plastica.

La plastica ha trasformato il nostro modo di pensare, se è vero che siamo finiti col pensare in modo plastificante: l’ideologia dell’artefatto è diventata morale dell’artificio.

Negli ingenui, ma non del tutto incolpevoli, anni ’50 – ’70 dello scorso secolo, contadini e borghesi abbandonarono gli oggetti degli avi (terrecotte, ceramica, vetro, legno) per  far posto a plastica blu e bianca. La TV mostrava famiglie soddisfatte dai nuovi, versatili, oggetti. Plastica voleva dire petrolio: questo connubio è ancora decisivo per comprendere la dimensione strategica del problema.

Usata senza scrupoli da miliardi di individui ogni giorno, la plastica è mal gestita nel suo effimero ciclo commerciale; ma così deve essere, lo stabilisce il Mercato.

Nel volgere di pochi decenni, dalle buste per la spesa alle bottigliette di acqua diuretica (sic), il passo è stato breve. Il nostro immaginario si è plastificato: senza plastica non è pensabile vivere.

Ogni anno “finiscono” in mare circa 8 milioni di tonnellate di plastica. Dal 1964 la produzione mondiale di plastica è aumentata di venti volte e rischia di quadruplicare entro il 2050. Per quella data, il 20 per cento del petrolio estratto nel mondo sarà utilizzato esclusivamente al fine di produrre altra plastica. A livello mondiale, meno del 5% della plastica viene riciclato; finisce in discarica il 40% per cento circa e il resto, circa un terzo, “termina” nell’ambiente.

Si parla ormai, con cognizione, di plastisfera, con riferimento al nuovo ambiente che si è formato in vaste aree marine del Pianeta.

Quel che  ha reso alieno l’Uomo al Mondo, renderà dunque alieno il Mondo all’Uomo?

G. B.