Silenzio 24

Saluta. Ringrazia. Riconosci i meriti di chi ti ha deluso. Apprezza le virtù di chi ti ha deluso. Continua a praticare la lucidità, la moderazione nei giudizi, l’onestà dei propositi. Sappi riconoscere i tuoi limiti. Ammetti che nessuno è i suoi errori e che la tua reazione agli errori altrui dice chi sei e cosa temi.

G. B.

Silenzio 23 (o dei falsi maestri)

Chi sei tu, dunque? Non ti chiedo cosa sei, cosa fai – ma chi sei davvero? Indichi vie che non apri, fai prediche che non pratichi – chi sei?

Non mi interessano le tue virtù, non mi importa se nel confronto con te sembro un peccatore irredimibile. Conta poco che un astemio non beva e che una casta non ceda alla lussuria. Io voglio conoscere i tuoi difetti, invece, perché non v’è luce che non giunga dal buio di un silenzio inespresso.

Mostrami le tue ferite, parlami dei tuoi tormenti, indicami le tentazioni che hai dovuto sopportare. Fammi attraversare gli abissi e i deserti nei quali non hai rischiato di perderti, visto che tu non sbagli mai!

Voglio conoscere i tuoi errori, il rancore che covi, l’astio che sussurri mentre indossi il candido velo della tua presunta moralità. Sai che l’amore ha radici e non catene? Non amare se non sai che amare è lasciar essere il fallimento; e poi amare ancora, maggiormente, chi fallisce.

Cerca un convento, un giardino, un bosco. Raccogliti e racconta tutto al vento – e ascolta il tuo stesso racconto. Fallo con pietà, con dolcezza e senza giudicare. Non elargire il tuo perdono. Non distribuire condanne. Diventa perdono. Diventa amore. Soltanto allora ti riconoscerò ogni virtù.

Amen.

G. B.

Silenzio 22 (o del cambiamento)

Non più gesti superflui. Non più acqua di quella che occorre. Non più parole di quelle utili a fare sentire gli altri migliori. Non più oggetti irrilevanti. Non più cibo di quello che mantiene sani e forti. Non più automobili costose. Non più orologi da polso. Non più mail a mezzanotte. Non più social mentre mangi con gli altri. Non più messaggi mentre giochi con i tuoi figli. Non più elettricità di quella che serve a illuminare stanze buie. Non più pensieri astiosi. Non più atti meschini. Non più pornografia della morte. Non più reality show. Non più shopping compensatorio. Non più del dovuto. Non più del necessario. Non più sensi di colpa & non più accuse. Non più pettegolezzi. Non piu silenzi astiosi. Non più cibo biologico di terre remote &  non più pane buttato. Non più pranzi di famiglia senza amore. Non più di 1.5 gradi di temperatura (in più) nei prossimi 12 anni. Non più vendetta.

Cambia. O non potrai più dirti innocente.

G. B.

Camminare 34 (o del vero amore)

Il vento sferzava l’altipiano. Il pellegrino camminava da ore ed era come afflitto, non stanco bensì estenuato da un dolore inspiegabile. Ricordava i suoi amori perduti e gli sembrò di dover correre da qualche parte, per fuggire o per cercare.

Quando vide in lontananza il convento, allungò il passo e lo raggiunse smanioso. All’ingresso, tirò la catenella e fece vibrare una piccola campana di bronzo. Aprì la piccola porta in legno di quercia un novizio, un giovane magro dal sorriso dolcissimo, che lo fece entrare senza nulla chiedere.

Il pellegrino voleva incontrare il priore, un monaco di cui aveva sentito parlare tempo prima. Si trattava di un saggio, gli avevano detto, molto sensibile ai temi del cuore.

Seduto al centro del chiostro di quel nudo monastero, il monaco lo fece avvicinare con un cenno della mano e gli offrì dell’acqua. Poi sorrise e lo invitò a parlare. Il pellegrino gli si accostò con rispetto e disse: Buongiorno, saggio uomo, ho voluto incontrarti per chiederti come sia possibile che un grande amore possa tramutarsi in odio… Di tutti i misteri del cielo e della terra questo è il solo che riesca a togliermi il respiro! 

Il monaco alzò la testa e fissò il pellegrino negli occhi. Aveva gli occhi lucidi come se quella domanda gli avesse fatto ricordare qualcosa di dolente. Dopo qualche minuto rispose: Di tutte le cose che ho visto, ascoltato e forse compreso nella mia lunga vita, tale dilemma è l’unico che tolga il respiro anche a me. Io non so rispondere chiaramente, viandante, se non con le parole che ho dovuto dire a me stesso, molto tempo fa. Chi ama tradisce il suo amore se ha paura di scoprire le verità che respinge, se è superbo fino a non ammettere i suoi errori, se pretende di possedere l’oggetto del suo amore, se attribuisce a un altro i suoi stessi fallimenti e se vuole plasmare un altro a sua immagine. Ama davvero, invece, chi non cerca in un altro la perfezione che gli manca, chi non teme di essere deluso e ammette che ogni uomo è destinato ad almeno un fallimento, chi riconosce che nulla dipende soltanto dalla umana volontà. Ama chi perdona sé stesso fino a rispettare gli altri.

Il pellegrino abbracciò l’eremita e uscì di corsa dal convento. Riprese il cammino. Ora, piangendo sulla pietraia, era certo di aver sempre meritato, proprio quando l’aveva perduto nell’odio, un vero amore.

Giovanni Bongo