Camminare 35 (o dell’accusa)

Il viandante, fermo da qualche minuto nei pressi di un fontanile, aveva assistito a questo dialogo.

Un filosofo, forse uno scettico, aveva detto: Se devi essere punito per una colpa mai commessa, tanto vale che tu commetta tale colpa!

E un teologo, forse idealista, gli aveva prontamente risposto: Questo sarebbe immorale, aprirebbe la via della decadenza. Non peccare mai, invece, neppure a costo della vita di un uomo!

Era intervenuto un terzo, forse un monaco, che aveva sentenziato: Lecito sarebbe difendersi da un’accusa inesatta, ma giammai compiere una colpa ingiustamente subita come falsa accusa.

Sicché, alla fine, aveva parlato una specie di pellegrino, dall’aria dignitosa e serena ancorché stanca. Aveva detto: Di quale colpa parlate? Di un pensiero, che come tale ha la stessa consistenza delle nubi? Di confessioni carpite con l’inganno? Della debolezza della carne di un uomo o di una donna? Ho molto viaggiato nello spazio e nel tempo, ho compreso che la sola colpa è l’odio. Chi odia gli altri, odia sé stesso. Chi giunge all’amore, invece, peccherà ancora ma non odierà più – e questa sarà la sua salvezza. Preferite la redenzione alla distruzione, salverete così la radice di ogni essere.

Il viandante, a queste parole, aveva ripreso lo zaino e si era rimesso in cammino. Solo ma non più isolato.

G. B.

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