Il viandante si disse, senza motivi apparenti: le cose mi piacciono sul finire. Lasciò la frase a mezz’aria. Avrebbe voluto incontrare un saggio o una musa, invece accettò la sentenza del tempo, che gli stava imponendo solitudine.
Neppure il vento o gli alberi avrebbero potuto consolarlo. Semplicemente, sentì il vuoto della morte ma non riuscì a fare il vuoto dell’amore – in sé.
Allora si rispose con ricordi dolcissimi e intuì di aver avuto paura della felicità e del desiderio. Comprese, insomma, di non dover più comprendere con la ragione e inoltre comprese che la felicità era già stata inavvertitamente sua un numero imprecisato di volte, quando non era stato in sé e non si era avveduto di essere già felice.
In quei momenti, pensò, ogni momento era stato presente. Si disse: solo il presente (con chi si ama) è strettamente necessario.
Il viandante riconobbe di essere confuso, ebbe voglia di piangere ma cominciò a vedere.
G. B.
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