Silenzio 51 (del rimpiangere)

Poter tornare sui propri passi. Poter tornare negli istanti passati. A dire quello che non si è detto. A fare quello che non si è fatto. Uscire dalla corrente del tempo, dalla condanna del rimpianto, dal deserto della colpa. Rivivere appieno. Non lasciare segni di passaggi a vuoto. Non parlare da soli. Non sognare da soli.

Capire che all’infinito v’è rimedio solo nel presente.

Amen.

G. B. 

Silenzio 50 (la carenza)

Mettiti nei suoi danni. Ascolta e fagli una carenza: è meglio donare una impossibilità che millantare una certezza. Fai in modo che non nasconda il suo dolore per la vergogna di doverlo dire a te. Accompagna la sua insensatezza, stai in silenzio al suo fianco lungo la via, non sminuire la sua angoscia (ché al suo posto non saresti migliore). Non fare coraggio per mostrarti superiore (per te è facile, non hai necessità), abbi invece il coraggio di ammettere che al suo posto avresti paura!

Non dare colpe! Non mentire, dicendo di non aver mai mentito, di non aver mai ceduto! Piuttosto, sbaglia ancora e poi prova a non farlo più. Ti qualifica la tua capacità di cambiare, non quella di giudicare!

Amen.

G. B.

Silenzio 49

Tace. Teme. Gli pare di attraversare una lastra di ghiaccio dura solo in apparenza – per un momentaneo cambiamento di stato: ma l’acqua sprofonda sempre in se stessa. 

Il viandante è incerto. Teme e si chiede: “Perché a me? Perché così?” – si pone, insomma, quesiti da bimbo.

Non può porre rimedio al male ricevuto. Ha taciuto quando sarebbe stato necessario parlare. Ha temuto quando sarebbe stato giusto agire. Inoltre, si è fidato invano.

Ora il suo silenzio è una necessità fisica: restituisce voce alle sue perdite, è un silenzio che cura se stesso.

G. B.