Paure

Paura di fare, di dire, di scegliere. Paura di dormire da soli, di uscire da soli, di una foto. Paura del primo bacio, di un ricordo, delle malattie. Paura dei fantasmi, di star soli in casa, dei ragni. Paura dei serpenti, di decidere, del passato. Paura del futuro, del presente, dell’assente. Paura dei no, dei sì, dei gesti. Paura degli atti, delle opere, delle omissioni. Paura dei pensieri, dei misteri, dei desideri. Paura dei segreti, delle bugie, di lasciarsi andare. Paura di raccontare, di cantare, di volare. Paura di cadere, di perdere, di vincere. Paura di provare, dell’abbandono, di abbandonare. Paura di giudicare, di essere giudicati, di cambiare. Paura del sesso, dell’amore, della morte. Paura dell’odio, di apparire, di sparire. Paura di avere figli, di non avere successo, di restare. Paura di essere respinti, di respingere, di toccare. Paura di non farcela, di primeggiare, di parlare. Paura di far tardi, di non piacere, di piacere. Paura di tutto, di qualcuno, di non arrivare. Paura che sia tutto finito, che finisca, che non torni. Paura che capiti, che non accada, che non abbia alcun senso.

Chi vive (di paure) ha paura – di vivere.

G. B.

Rabbia

Rabbia preme, rabbia grida, rabbia ruggisce come spirto guerrier chiuso nel cerchio, come padrona schiava del regno. Rabbia urla, rabbia sbatte, rabbia ride e deride ciò che ama e odia. Rabbia spacca e si fa male. Rabbia se ne infischia e lede mentre grida lode. Rabbia fende, offende e pretende. Eppure, remota, dice la tua disperazione. Dice: tu sei solo, sola. Tu non hai mai trovato pietà, chi t’ascoltasse, chi ti aiutasse ad essere chi saresti potuto essere, chi saresti voluta diventare. Rabbia protesta vanamente, urla per non sussurrare, acceca per non vedere ciò che rischiara coi suoi lampi. Rabbia urla per non dire cos’è. Rabbia non sa quel che teme; o lo sa, e per questo (lo) teme.

G. B.

Sugli altri & sui fiori

I livelli dell’ascolto. Ancora prima, e ancor di più, dei livelli di attenzione. E di quelli di presenza. I nostri livelli di integrità, sono forti?

Parlo di essere presenti, attenti, in ascolto. Parlo di non separare ascolto, attenzione, presenza.

Il più delle volte prestiamo orecchio, ordiniamo, replichiamo. Senza presenza, con poca attenzione, scarso ascolto.

Parliamo all’altro nel nostro codice univoco, per rinsaldare noi stessi e non per dialogare.

L’altro, semplicemente,  ci è d’ostacolo. Che sia ci stia a cuore o no, non gli riconosciamo dignità nel dialogo.

Parliamo e basta. Con lingua sterile, distratta, noncurante. Spesso incapaci di rispondere a domande semplici, a un “Buongiorno, come va?” detto con cuore sincero.

Non siamo presenti, attenti, in ascolto. Combattiamo per il nostro ego solitario e teniamo gli occhi chiusi sugli altri e sui fiori.

G. B.