Vedi di non provare mai per le persone disumane quello che gli uomini provano per gli uomini.
Marco Aurelio
Un efficace slogan del movimento “Occupy Wall Street” e di molta parte dei movimenti degli Indignati del Pianeta, recitava: “noi siamo il 99%, voi appena l’1%”.
Il riferimento è a chi detiene le ricchezze del Mondo, a chi compie scelte economiche e politiche cruciali in nome di tutti e, spesso, contro ciascuno.
Lo slogan, tuttavia, nella sua esemplificativa efficacia non teneva conto di un fatto. Dell’evidentissimo fatto che spesso, proprio noi, che apparteniamo al 99% della popolazione mondiale, pensiamo come loro, come quell’esiguo eppure potentissimo 1%.
La nostra immaginazione è stata occupata dal loro immaginario. Oppure, il nostro immaginario è stato colonizzato dalla loro fervida immaginazione.
Chiudiamo gli occhi, alla sera, e ci vediamo a bordo piscina. Musica commerciale in sottofondo. Sesso commerciale in vista. Bibite commerciali in mano. Auto lussuose, e commerciali, ferme nei nostri garage. Cene sontuose, e commerciali, in ristoranti lussuriosi, forse un tanto pacchiani, ad attenderci per le 21.45: solo i contadini cenano presto, e non sono affatto cool.
Loro sono l’1%, ma scrivono le parole, decidono i motti, determinano i flussi delle idee chiave e non solo quelli dei danari e delle ricchezze.
Siamo alternativi, vero, ma a corrente alternata. Ci piacciono le stesse cose che piacciono a loro. Quelle che piacciono al manager, al pubblicitario, al giovane colle mani in tasca dei centri sociali. Ci piacciono gli stessi aggeggi elettronici – che non cito per non fare pubblicità.
Poi, per carità, una bella macchina è opera di ingegno umano non meno di un bel quadro del ‘700. Cambiano, però, i risvolti delle opere.
Se il quadro doveva parlare alle nostre anime, senza grandi distinzioni di censo, classe, sesso; le belle cose di oggi devono conquistarci, totalmente, in vista di uno scopo democratico solo all’apparenza e privatistico nella sostanza: il profitto di chi detiene le chiavi simboliche del potere commerciale.
Il profitto, sia chiaro, non è mai di chi consuma per sé, ma è di chi vende nel nome di qualcuno, qualcosa, che non si sa chi o cosa sia: il Potere. Il profitto è di chi vende, incessantemente, 24 ore ogni giorno. Il Potere è di chi rende tutto merce…
Siamo il 99%, pensiamo come l’1%; invidiamo chi può – più di noi – fare quello che a noi è precluso.
Precluso non perché non abbiamo un corpo, un cuore, delle idee; ma perché non abbiamo quella ricchezza tanto ambita.
Ah, la ricchezza. Che strazio. Addormentarsi pensando a come fare; svegliarsi pensando a come fare. Come fare a far ricchezza. La nostra. Per la nostra esigua, presunta, felicità.
Cominciamo, dunque, a scavare dentro di noi. Non è necessario che partecipiamo a un corteo lanciando minacce e scagliando molotov contro simulacri di Banche. No, il nemico è in noi: la nostra cupidigia è in noi. Invidiamo chi ha il Suv, mentre magari pedaliamo per moda sulla nostra bici costata tanto e guadagnata a fatica, veramente a fatica, con i co.co.pro che qualcuno ci impone? Mentre meriteremmo ben altro?
Siamo schiavi di noi stessi? Incatenati al Potere che diciamo di odiare e mandiamo avanti con le nostre scelte quotidiane: quando non riusciamo a fare due passi senza sognare di sedere a quel tavolino, per un innocente aperitivo; quando passeggiamo nelle città d’arte non per le statue o l’arte, ma per quei negozi di mutande tutti uguali in qualsiasi centro cittadino del pianeta: mutande che costano 30 volte quello che sono costate a chi le ha prodotte?
Eppure siamo così alternativi.
No, siamo solo umani. Siamo sempre umani, percentuali a parte. Dovremmo chiederci: cosa voglio dalla mia vita?
Giovanni Bongo
Un mondo incantato!
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L’incanto degli incantatori non è ragione di incanto. L’incanto della liberazione, sì, è incanto della ragione. Possiamo fare a meno di lasciarci incatenare?
G. B.
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Gia’, ho giocato con l’ambivalenza: descrizione della realta’ (in questa accezione e’ un incantesimomalefico) e risposta alla domanda che conclude il tuo pezzo!
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